Storie di studenti in quarantena ai tempi del coronavirus
Studenti in quarantena ai tempi del coronavirus, dove nella grande parola “studenti” vorrei che provassimo ad includere tutti, dai piccoli al primo anno di materna a chi si sta accingendo a lasciare il grande mondo della scuola superiore.
Vuole essere una grande riflessione allargata, forse una provocazione, di certo non un vademecum di risposte, che troppo spesso ci si aspetta dai professionisti, quando non è poi così vero che i professionisti hanno tutte le risposte sempre in tasca.
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Abbiamo ampiamente superato i 60 giorni di quarantena, da quando quella domenica di febbraio è stata data comunicazione “da domani stop alla scuola”. Prima la grande euforia della strana (unica direi) novità, poi il panico concreto dell’organizzazione studiata tra capo e collo, e con il tempo i dubbi, le domande, i timori, le rabbie… ma di chi? Innanzitutto degli adulti: dei genitori chiamati a diventare insegnanti e degli insegnanti chiamati a diventare “supereroi della didattica a distanza”. Con pianificazione e programmazione? No, tutto subito. E diciamocelo senza timori di giudizio: che grande fatica! Fatica lecita e consentita!
Quanta paura per gli adulti
Arrivati ad oggi, però, questo tempo lunghissimo sembra essere andato in secondo piano, giunti ormai tutti nel turbinio dell’arrivo del 4 maggio, come se questa data sancisse la fine o l’inizio del tutto. Ma ecco qui ancora protagonisti gli adulti. Adulti che si stanno arrovellando per organizzarsi con il tempo che passa: tra smartworking che prosegue o forse no, tra un rientro al lavoro che non fa dormire la notte con la domanda che frulla in testa “e i bambini a chi li lascio?”, tra i dubbi continui tra scegliere di “rimettere in pista” i nonni (ma poi forse neanche si può?!) – altre grandi figure tanto provate da questo periodo – o scegliere di tutelare ancora la loro salute. E poi siamo certi che i nonni o una babysitter, presa dall’oggi al domani (???), gestirebbero una didattica a distanza come viene richiesta?
Chi ha la fortuna – e davvero va considerata una fortuna – di potersi alternare a turno con il marito o la moglie nella gestione della giornata forse non si concentra neanche sulla grande fortuna che ha (“chi ha il coraggio di parlare di fortuna in questo periodo!!!”), ma chi conta il countdown al 4 maggio con questi pensieri, credo veramente non sappia dove sbattere la testa, per usare gergo colloquiale.
E comunque, adulti…adulti…sempre gli adulti al centro di tutto!
E gli studenti in quarantena?
Non voglio parlare di bambini e ragazzi, perché già tanto si sta ragionando su di loro. Sul grande sacrificio che è stato loro richiesto senza talvolta troppe spiegazioni (“si sta a casa perché dobbiamo!”), delle risorse che hanno saputo tirar fuori sorprendendoci giorno dopo giorno, del tempo che hanno regalato agli adulti in modo semplice e così spontaneo.
No, parlo proprio di studenti. Del tempo che hanno perso e che non tornerà…
Dei bimbi di 3 anni che a settembre forse dovranno ricominciare quasi da zero, con un nuovo inserimento alla scuola dell’infanzia, perché spesso “pesano le lunghe vacanze di Natale” figuriamoci uno stop a casa con mamma e papà di mesi e mesi.
Dei bambini mezzani, in piena ricerca relazionale, che sentono davvero la mancanza degli amici e della loro maestra, essendo appena riusciti a crearsi il loro piccolo posto fuori dalla loro famiglia, una famiglia in cui sono stati catapultati h24.
Dei bambini di 6 anni, che a settembre entreranno del grande mondo della “scuola vera” senza aver vissuto a pieno l’ultimo anno di gioco, spensieratezza, prerequisiti che solo la scuola dell’infanzia sa dare.
Dei bambini al primo anno di primaria, che dopo tutta la fatica e l’orgoglio di iniziare a leggere e scrivere, hanno dovuto affidarsi a mamma e papà, per non perdere ma consolidare i grandi traguardi raggiunti.
A tutti i bambini alla primaria, negli anni in cui gli apprendimenti sanciscono un’automatizzazione imprescindibile per il futuro. Una mamma giorni fa si sfogava “Sono in crisi. Come le spiego le moltiplicazioni senza fare danni? Le moltiplicazioni sono importanti. Se non le capisce bene poi è un disastro!”.
I ragazzini della scuola secondaria di primo grado – “quelli delle medie” – in piena crescita e in piena affermazione di sé, entrati carichi in un nuovo mondo scolastico, che poi si è ridimensionato davanti a un pc.
E, poi, gli studenti delle superiori. Chi vi aveva appena fatto ingresso, chi ancora era indeciso sulla scelta giusta della scuola, chi si stava affermando, chi si stava tirando indietro, chi si stava appassionando o chi viveva alla giornata. Chi si stava preparando a lasciare il luogo che per 5 anni l’ha visto crescere e maturare.
Infine ma non per importanza, gli studenti con bisogni speciali, che non hanno vissuto a pieno le potenzialità che la scuola aveva da offrire.
Quante cose si sono perse, si stanno perdendo!
Certo, manca il parco gioco, manca il pranzo domenicale dai nonni, manca il giro in bicicletta nel weekend, mancano il calcio, il basket, il pianoforte e la danza, manca tutto. Ma manca anche la scuola.
Forse gli studenti non lo sanno, o non lo sanno dire, ma la scuola manca. E non voglio assolutamente dire che “la scuola non ci sia stata, non ci sia o non ci sarà” o che gli insegnanti “non hanno dato e continueranno a dare il massimo”, ma la scuola non è solo la lezione online o i compiti inviati sul registro elettronico. Non è solo il luogo dove imparare, mentre mamma e papà sono al lavoro “tranquilli”.
Manca persino, ma non si ha il coraggio o la coscienza per dirlo, la sgridata della maestra, l’ansia che precede il momento in cui il professore chiama fuori chi verrà interrogato, mancano le lacrime di un 4 preso. Mancano, anche e soprattutto, però, il sorriso della maestra quando ha capito che ciò per cui ha alzato magari un pochino la voce non accadrà più, o il sospiro di sollievo quando ad essere interrogato “non sei stato tu” o quella pacca del compagno di banco, che senza parole ti fa capire che un 4 è sempre recuperabile.
Ecco…sembra tutto negativo, arrivati a questo punto. Sembra che tutto il tempo trascorso da quel 23 febbraio in poi sia stato un tempo perso. Ma non è così. Non sarà così se riuscirà a diventare tempo prezioso che farà un domani rileggere le cose, ritenute fino ad oggi scontate, in altro modo.
Non ho la presunzione o la frivolezza di dire che “domani” si gioirà di un 4 o di un rimprovero. Gli studenti non credo potranno farlo, ma forse gli adulti sì, aiutandoli a rileggere un vissuto che rimarrà nella loro storia.
E cosa veramente accadrà a settembre, quando si rivarcheranno le porte di quelle scuole lasciate così a lungo…beh questo credo meriti tutta un’altra grande – a breve – riflessione.