Ritardo mentale: come si può intervenire?
La disabilità intellettiva può anche essere definita ritardo mentale oppure ritardo cognitivo. Indipendentemente dall’etichetta diagnostica utilizzata, tale diagnosi non può essere considerata esplicativa del funzionamento di un bambino perché ognuno è unico e le sue caratteristiche potranno essere simili ad altri ma ci saranno delle competenze e delle difficoltà diverse per ognuno.
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Lo sviluppo di un bambino dipende infatti da una combinazione di geni, ambiente ed esperienze. Per capire cosa significhi, potremmo considerare il bambino come una bellissima orchidea, il cui colore dipende dalla sua componente genetica, ma la sua crescita sarà influenzata dal contributo dell’ambiente in cui verrà piantata e dalle cure che il suo proprietario gli dedicherà. Qualsiasi orchidea lasciata fuori al sole a una temperatura elevata rischia di essiccare in pochi giorni, mentre un’orchidea ben curata, idratata e accudita sarà in grado di durare per molto tempo e di diventare meravigliosa.
Così, a parità di diagnosi, un bambino con un’equipe orientata a creare il suo percorso specifico, dei genitori e insegnanti partecipi nel suo progetto, e con una buona possibilità di sperimentarsi nel mondo esterno, raggiungerà un livello di competenze maggiore rispetto all’ipotesi diagnostica iniziale.
Come intervenire con il ritardo mentale?
Ricevuta la diagnosi di ritardo cognitivo, la prima preoccupazione di un genitore è “adesso cosa possiamo fare?”. È una domanda lecita, e posso rispondere che la prima cosa da fare è rivolgersi a un team di esperti che possano aiutarvi nel creare un progetto su misura per il vostro bambino. I fattori da considerare sono tanti: l’età, la frequenza scolastica, la possibilità di organizzare le varie attività e anche l’aspetto economico. Si rischia infatti di attuare moltissimi interventi con terapisti che non hanno la possibilità di confrontarsi e che per questo motivo percorrono percorsi diversi a discapito di vostro figlio.
Il miglior trattamento possibile è infatti un intervento in rete in cui vi sia un neuropsichiatra di riferimento che possa coordinare il gruppo di lavoro. La tipologia di figure coinvolte nell’intervento dipende dall’età di vostro figlio e dalle sue competenze. Nei primi anni infatti, si tende a privilegiare la componente comunicativa, fondamentale poi per interagire con il mondo esterno.
Il trattamento logopedico e il trattamento psicomotorio sono in molti casi la scelta adeguata in una prima fase di sviluppo per promuovere abilità linguistiche ed emotive, imparare le regole del gioco e implementare la capacità comunicativa con l’altro.
Durante lo sviluppo si aggiungeranno altre figure importanti, come lo psicologo che lavorerà specificatamente per aumentare le competenze cognitive del vostro bambino, focalizzandosi innanzitutto sulle funzioni esecutive ovvero su quelle abilità della mente che regolano i processi di pianificazione, controllo ed esecuzione delle azioni.
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I terapisti che lavoreranno con vostro figlio diventeranno la solida base per lui e per voi, garantendovi il supporto necessario di fronte a ogni ostacolo. Saranno anche un canale di comunicazione con la scuola, collaborando con l’insegnante di sostegno e/o educatore per garantire al vostro bambino di ricevere tutte le opportunità possibili. Importante sarà anche la possibilità di inserire vostro figlio in attività sportive o extra-scolastiche che possano implementare le sue competenze e passioni e al tempo stesso fungere da “palestra relazionale”.
Limitare l’intervento solo alla scuola e alle terapie specifiche rischia infatti di privare vostro figlio di una componente importante nella vita di ognuno, che è la capacità di relazionarsi con l’altro in più contesti.
L’essere umano è un animale sociale e proprio per questo motivo ha bisogno dell’altro. Con i bambini con delle disabilità a volte si teme l’inserimento in queste attività per paura che possano essere esclusi o trovarsi a disagio.
In realtà, più i bambini hanno la possibilità di sperimentarsi in diversi contesti, più acquisiranno delle competenze.
Ovviamente non sarà una strada facile quella che sto proponendo, anzi, sarà a volte difficile e scoraggiante, ma da ogni caduta i bambini imparano a rialzarsi e i terapisti possono capire come riadattare il progetto per aiutare il più possibile ogni piccolo paziente.
Se è vero che il contributo della genetica può inizialmente bloccare lo sviluppo di un bambino, è però possibile ottenere un cambiamento significativo e raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il trattamento in un ritardo cognitivo è un percorso lungo, che necessita molta pazienza, sia del bambino, sia dei genitori, sia dell’equipe coinvolta nel trattamento, ma ogni piccolo sforzo e obiettivo raggiunto sarà una dolce conquista per tutti.
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