Mio figlio fa psicomotricità: che cos’è e a cosa serve
Negli ultimi anni, tra genitori e insegnanti, nelle scuole e nelle palestre, si sente parlare sempre di più di psicomotricità. Gli interrogativi che spesso sentiamo sono:
“Ma cosa fanno fare a mio figlio?”. “Ma è una maestra di ginnastica che gli farà fare degli esercizi?”. “Oppure è una psicologa che gli farà domande strane?”.
Tanti interrogativi e tanti dubbi ruotano attorno a questa misteriosa professione. In questo articolo spigheremo che cos’è la psicomotricità e a cosa serve.
Che cos’è, quindi, la psicomotricita’?
Troppo spesso, dimentichiamo che i bambini utilizzano in primis il linguaggio corporeo come mezzo per esprimersi e per capire, prima ancora della parola. Nel primo decennio di vita, la modalità con cui il bambino esprime se stesso non è tanto quella verbale, ma è proprio quella del corpo, del movimento e dell’azione che si concretizza nel gioco.
La psicomotricita’ è una disciplina che si pone come un invito a comprendere ciò che il bambino esprime del suo mondo interno attraverso il movimento. L’attività psicomotoria, infatti, prende forma all’interno di un contesto in cui il piacere dell’azione, del gioco e della relazione viene privilegiato, e fornisce uno spazio nel quale ogni bambino, secondo le proprie possibilità, può liberamente sperimentarsi.
L’origine della parola “psicomotricita’” ci fa intuire che essa riguarda sia l’aspetto del movimento (motricità), sia l’aspetto della mente (psico). Il corpo e il movimento, infatti, sono le due dimensioni esperienziali che stanno alla base della formazione del pensiero. L’attività psicomotoria pone al centro del proprio intervento il bambino nella sua globalità, in quanto il corpo, le emozioni e l’intelligenza sono aspetti tra loro profondamente connessi, che concorrono a sviluppare una personalità armonica e completa. Questa disciplina aiuta, quindi, i bambini a raggiungere numerosi traguardi evolutivi. Ad esempio:
- Sviluppare competenze sensoriali, posturali e di coordinazione motoria
- Incrementare competenze cognitive (attenzione, memoria, linguaggio)
- Favorire lo sviluppo di socializzazione, condivisione e rispetto delle regole
- Promuovere competenze di gioco, di espressività corporea e di emotività
- Facilitare la conoscenza di nozioni spazio-temporali e l’apprendimento di letto-scrittura e calcolo.
“Si può conoscere di più su un bambino in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”, diceva Platone. Il gioco è l’aspetto dominante della vita del bambino. È proprio attraverso il gioco che egli si impadronisce di competenze specifiche: la capacità di pensiero, le abilità motorie, i comportamenti relazionali, il rispetto di oggetti e di persone.
Il gioco, inoltre, rappresenta uno strumento privilegiato per stabilire una relazione con il bambino e per accedere al suo mondo interno: attraverso il gioco, infatti, egli esprime in maniera simbolica fantasie, conflitti, paure e ansie.
Infine, il modo in cui il bambino organizza il suo gioco permette di ricavare informazioni su competenze come l’attenzione, la memoria, la capacità di risolvere problemi.
Tanti percorsi… Quale scegliere?
Data la quantità di offerte di percorsi di psicomotricita’, i genitori devono poter avere la possibilità di verificare se uno psicomotricista è effettivamente tale. Il professionista di questa disciplina è il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva: un operatore che svolge interventi di educazione, prevenzione e terapia psicomotoria sia in ambito scolastico (asili nido, scuole dell’infanzia e primarie) che in ambito sanitario (ospedali, fondazioni, centri privati). Per possedere questo titolo, deve aver seguito il corso di Laurea di primo livello presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia.
Tuttavia, la qualifica non sempre basta per fare un buon lavoro! Lo psicomotricista deve possedere la capacità di instaurare un rapporto di empatia col bambino, conquistandone la fiducia, senza giudicarlo, ma accogliendone l’individualità. Il bambino, così rassicurato, può mettersi in comunicazione con lo psicomotricista, il quale ascolta la sua globalità espressiva e fornisce risposte adeguate ai suoi bisogni. Esponendosi, infatti, il bambino mette in gioco se stesso, si racconta e si relaziona con gli altri e col mondo che lo circonda, e lo psicomotricista può così accompagnarlo nel percorso di individuazione e sviluppo delle sue capacità, al fine di costruire la sua identità.
Ma come funziona la psicomotricità?
La seduta psicomotoria può avvenire individualmente o in un gruppo di più bambini. Si svolge in una stanza attrezzata con spazi e giochi ben definiti e scandita da tempi e rituali, importanti per sviluppare sicurezza e fiducia.
L’originalità di questa pratica riabilitativa sta nella semplicità dei mezzi attraverso i quali si realizza. Gli strumenti privilegiati sono: il movimento, il corpo, il gioco, il disegno, gli oggetti, la musica, la parola.
Durante la seduta, il processo che il bambino è invitato a compiere prevede il passaggio dall’esperienza concreta a quella astratta e simbolica. Tale processo è realizzato attraverso proposte che stimolano i bambini a ricercare, interiorizzare e rappresentare autonomamente.
Tutto ciò avviene in un clima di divertimento, collaborazione e accettazione, all’interno di uno spazio definito da regole chiare e contenitive.
“Cosa fate esattamente nella stanza quando c’è psicomotricità?”
“Mamma, giochiamo con il nostro corpo!”
La psicomotricità è uno strumento “in più” che possiamo offrire ai nostri figli per favorire uno sviluppo sereno e armonico durante la crescita.
Essere consapevoli del proprio corpo, imparare a capirlo e a rispettarlo è una base fondamentale per la crescita serena e per porsi in relazione con gli altri. Attraverso la psicomotricità, quindi, i bambini possono esprimersi con il proprio corpo, imparando a gestire il proprio vissuto, ad acquisire strategie che potranno essere utili all’interno della vita quotidiana, e a relazionarsi in modo funzionale col mondo esterno e con tutti coloro che ne fanno parte.
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