Dalla teoria alla pratica: il pensiero di Feuerstein
Per poter comprendere il pensiero di Feuerstein è importante capire qual è la base teorica da cui tutto il suo lavoro successivo ha preso il via.
Partiamo quindi da quello che Feuerstein pensava dell’intelligenza. Egli aveva il seguente motto:
“I geni non hanno l’ultima parola”
Reuven Feuerstein
Ma cosa vuol dire?
Nel pensiero di Feuerstein, l’intelligenza non dipende solamente da patrimonio genetico di ognuno, ma è la base dalla quale partire. Infatti, secondo lui è fondamentale il ruolo che gioca il contesto che circonda l’individuo. L’intelligenza non è fissa e immutabile, determinata dal patrimonio genetico, ma può cambiare a modificarsi a seconda degli stimoli che l’ambiente gli propone.
In base al suo pensiero, Feuerstein definisce l’intelligenza “la propensione dell’organismo a modificarsi nella propria struttura cognitiva in risposta al bisogno di adattarsi a stimoli nuovi”. Da qui si comprende come mai Feurstein ha investito grandissime energie per sviluppare il proprio metodo. È l’ambiente che se propone stimoli e richieste adeguati può permettere all’individuo di cambiare, in quanto lo mette nella condizione di adattarsi e modificarsi.
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Non è quindi determinante l’età della persona, se ha una disabilità intellettiva, un ritardo cognitivo o altri tipi di difficoltà, è il contesto (e in particolare la persona) che, a seconda degli stimoli che propone, può aiutare a sviluppare l’intelligenza.
La teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale
Feuerstein non a caso battezza la sua teoria come “Teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale (MCS)”. Vediamo però più nello specifico cosa significa:
- Modificabilità: Feuerstein intende, come già spiegato, che ogni individuo può modificarsi ed evolvere.
- Cognitiva: Si riferisce al fatto che l’oggetto del cambiamento è l’intelligenza e il pensiero, ovvero le capacità che permettono l’adattamento.
- Strutturale: Questo significa che il cambiamento deve coinvolgere tutta la globalità dell’individuo, la “struttura”.
Se l’ambiente è così importante nello sviluppo dell’intelligenza di un individuo, come può intervenire?
Partiamo dal presupposto che l’ambiente non è qualcosa di asettico e indefinito, ma sono tutte le persone e gli stimoli che circondano l’individuo. La modalità che l’ambiente ha disposizione è la mediazione. Questo concetto è centrale in un altro aspetto della teoria di Feuerstein, ovvero la Teoria dell’Esperienza da Apprendimento Mediato (EAM), che verrà illustrata in seguito.
La mediazione
Ad ogni modo, proviamo a illustrarla brevemente. Non è sufficiente presentare gli stimoli alla persona per poter sviluppare le sue capacità intellettive, ma è necessario che vi sia un continuo e costante scambio e interazione tra l’ambiente (o mediatore) e il soggetto. Il mediatore è dunque qualsiasi persona che si pone come obiettivo quello di sviluppare le capacità di un individuo. Può essere un genitore, un nonno, una zia, un insegnate, la babysitter oppure anche un amico. È un ruolo di grande responsabilità e impegno perché il suo compito è quello “interporsi (non sostituirsi!!!) nel processo di apprendimento, selezionando e organizzando gli stimoli provenienti dall’ambiente, aiutando la riflessione e rallentando l’impulsività in modo che la risposta diventi più adeguata”.
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Quante volte per fretta o necessità ci sostituiamo al bambino e facciamo noi al posto suo. Certo, questo può velocizzare e rendere un compito meno pesante, ma viene anche meno un’occasione di apprendimento fondamentale per lo sviluppo e la crescita.
Alla luce di questo presupposto teorico, è comprensibile come il metodo Feuerstein sia stato utilizzato con successo non solo in situazioni di disabilità intellettiva, ritardo cognitivo o ritardo mentale, ma anche in altri contesti, come ad esempio per potenziare diverse abilità, nelle aziende o con gli anziani.
Bibliografia
Minuto M. e Ravizza R.: “Migliorare i processi di apprendimento” (2008, Erickson, Trento)