“Senza smartphone non riuscirei a vivere”: la nomofobia
La nomofobia o sindrome da disconnessione è la paura di rimanere sconnessi dalla rete. Essa è rilevabile nelle persone che provano forti stati d’ansia quando non possono controllare cosa accade sul proprio smartphone (per es. messaggi, notifiche, e-mail) oppure su internet (per es. social network). L’ansia che provano gli individui affetti da questa sindrome è generata dal timore di perdersi qualcosa di importante e di essere isolati o esclusi.
Diversi studi hanno evidenziato che la fascia d’età maggiormente colpita dalla problematica è quella dei giovani adulti ovvero le persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni. In ottica preventiva, invece, la fascia d’età maggiormente a rischio di sviluppo della problematica è quella dell’adolescenza. Gli studiosi, in aggiunta, precisano che un occhio di riguardo va rivolto anche all’infanzia poiché, come sappiamo, i bambini entrano in contatto con i dispositivi elettronici sempre più precocemente. È importante, quindi, che gli adulti che si occupano dell’educazione e della cura di bambini e adolescenti imparino a riconoscere gli elementi che caratterizzano la sindrome da disconnessione. Questo permetterebbe di identificare i primi segnali critici e di intervenire prima che la problematica si strutturi e consolidi.
Non siamo tutti nomofobici!
Ai giorni nostri tutti (o quasi tutti), grandi e piccini, ormai possiedono uno smartphone; è molto probabile, quindi, che nel corso delle vostre giornate vi sia capitato, ad esempio, di osservare qualcuno agitarsi molto dopo aver realizzato di aver dimenticato il cellulare o il caricabatterie a casa. Si tratta di una persona nomofobica? La risposta è “non necessariamente”. Affinché si configuri una vera e propria sindrome da disconnessione non basta provare un po’ d’ansia quando non si hanno cellulare o connessione a portata di mano. Innanzitutto l’ansia provata dalle persone colpite da questo problema è percepita come molto elevata e sgradevole. Inoltre, è presente una forte preoccupazione connessa al non avere accesso al cellulare, tanto che la persona fatica a svolgere altre attività. Il pensiero, infatti, rimane focalizzato sull’assenza del telefono e su tutto quello che potrebbe succedere mentre egli è “disconnesso” o non reperibile. Infine, il nomofobico fa di tutto per prevenire o rimediare alla situazione temuta ovvero la disconnessione. La presenza di tutti questi elementi implica notevoli costi per la persona in termini di tempo, fatica, denaro ed energie. Tutto ciò ha delle conseguenze sul benessere generale perché gran parte della vita ruota attorno al mondo virtuale che viene vissuto attraverso lo smartphone. Paradossalmente, il bisogno eccessivo di essere sempre connessi crea lontananza anziché vicinanza tra le persone e ha delle ripercussioni negative nei vari ambiti di vita come la scuola o il lavoro.
I campanelli dall’allarme della nomofobia
I ricercatori hanno individuato alcuni elementi che, se presenti in maniera rigida e continuativa, possono suggerire una tendenza allo sviluppo della nomofobia. Scopriamo insieme quali sono questi campanelli d’allarme.
- Utilizzo massiccio del cellulare (numerose ore al giorno)
- Frequenti e costanti consultazioni del telefono in breve tempo
- Mantenere il dispositivo sempre acceso (anche di notte)
- Utilizzare il cellulare anche in posti/momenti poco pertinenti (per es. durante i pasti) o in luoghi in cui l’utilizzo è vietato (per es. scuola)
- Presenza di diversi comportamenti volti all’evitamento della disconnessione (per es. mantenere sempre il credito o la carica della batteria; evitare luoghi o situazioni in cui è vietato l’uso del telefono o in cui non c’è connessione Internet)
- Presenza di ansia, nervosismo, irritabilità e cambiamenti dell’umore quando non è disponibile la connessione o quando è impedito l’utilizzo del cellulare
- Perpetuare i comportamenti inappropriati o l’uso eccessivo anche in seguito a richiami o alla percezione di disagio personale (per es. frequente insorgenza di emozioni negative in seguito alla consultazione di chat, messaggi, social network)
- Dedicare molto tempo ai contatti interpersonali virtuali a discapito di quelli reali, preferendo i primi ai secondi
- Utilizzare lo smartphone come fonte di rilassamento o per contrastare e alleviare emozioni difficili (per es. rabbia, tristezza).
È molto importante tenere a mente che nessuno di questi comportamenti di per sé può essere considerato segnale di nomofobia . Come abbiamo già detto, affinché si costituisca una nomofobia vera e propria devono essere presenti più elementi ed essi devono causare un danno al benessere della persona. Tuttavia, tornando ai nostri bambini o adolescenti, prendere consapevolezza della presenza anche solo di alcuni degli aspetti problematici elencati è fondamentale non solo per identificare una possibile problematica legata all’uso del cellulare e dei dispositivi elettronici ma, soprattutto, per fare delle considerazioni sul benessere generale dei nostri ragazzi. In periodi dell’esistenza in cui si vive un disagio emotivo, infatti, è possibile che lo stato di sofferenza venga espresso attraverso la messa in atto di comportamenti problematici. L’utilizzo smodato dello smartphone è uno di questi comportamenti. Esso acquisisce una funzione “compensativa” ovvero serve per riempire un vuoto o per nutrire un bisogno che non viene soddisfatto in altro modo. Ma qual è questo bisogno? Cosa cercano i ragazzi nello smartphone? Rispondere a queste domande non è facile e, probabilmente, non esiste una riposta valida per tutti. Potremmo tuttavia partire da qui, incuriosendoci di ciò che sta sotto la superficie ovvero di ciò che si nasconde tra messaggini, post, chat e “like” sui social network.
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