Logopedista in 4 Parole e Non Parole!
Chi è la logopedista? Siamo ormai al quarto di una serie di articoli che stanno cercando di snodare dubbi e domande, dei genitori e non solo, sui ruoli delle diverse figure che si occupano degli aspetti valutativi e di trattamento nei bambini e nei ragazzi. Questa volta tocca alla (o al – anche se nei luoghi comuni si pensa a tale figura al femminile, sbagliando) Logopedista…e allora sembra essere facile!
Della Logopedista “nessuno ha paura”, e nessuno teme di nominarla all’interno del vissuto del proprio bambino, perché dire “il mio bambino va dalla logopedista” sembra essere una cosa abbastanza normale, che non genera giudizio o timori.
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Questo è sicuramente un punto a favore, ma al tempo stesso può far correre il rischio di fare confusione circa il ruolo effettivo che tale professionista può avere.
Proviamo quindi a fare, come sempre, un pochino di chiarezza giocando con 4 parole, e poi 4 non parole, che ruotano intorno a questa figura.
- Formazione: la logopedista è una professionista sanitaria, specializzata nella valutazione, educazione e riabilitazione di tutte quelle patologie, che influiscono sul linguaggio e sulla comunicazione. Il percorso di studi prevede il conseguimento della laurea in Logopedia, dopo un corso di studi di tipo triennale, al quale si ha accesso a seguito di un test di ingresso a numero chiuso. E’ un corso di laurea incluso nella facoltà di Medicina e Chirurgia, che rientra quindi nelle professioni sanitarie cosiddette <<della riabilitazione>>, insieme ad esempio a Fisioterapia o Terapia della neuro psicomotricità dell’età evolutiva (di cui parleremo nel prossimo articolo), che prevede inoltre circa 3000 ore di pratica da svolgere con differenti tirocini. E’ un percorso pertanto impegnativo, che merita passione e interesse costante; non va quindi corso il rischio il rischio di sottovalutarlo trattandosi di un corso di laura “solo” triennale.
- Linguaggio: la logopedista, anzi la logopedia in generale, si occupa di tutte le fragilità connesse alla comparsa e allo sviluppo del linguaggio nei bambini. Tali fragilità, identificate tramite un’accurata valutazione che molto spesso vede coinvolte ulteriori figure professioni di un’equipe multidisciplinare – tra cui psicologi, neuropsichiatri, neuro psicomotricisti –, possono essere inquadrate in disturbi specifici che rientrano nella grande categoria dei disturbi del linguaggio (ritardo del linguaggio, distorsione di fonemi, deglutizione atipica…). Una diagnosi precoce e accurata è il punto di partenza per pianificare trattamenti specifici mirati, che nella maggior parte dei casi – data l’età dei bambini – vengono impostati in chiave ludica, con un’attiva collaborazione tra la logopedista, la famiglia e la scuola.
- Apprendimento: la logopedista è anche una figura cardine all’interno di un’equipe multidisciplinare accreditata per la valutazione e il successivo trattamento dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia). Insieme alle altre figure professionali che compongono l’equipe – tra cui psicologi e neuropsichiatri – la logopedista, tramite la somministrazione di batterie di test specifici, può giungere all’identificazione di tali disturbi, potendo così redigere una certificazione diagnostica (tutto questo a seguito di una specifica ulteriore formazione fatta di una parte teorica tramite corsi e/o master e una parte pratica di tirocinio). A questo proposito è importante ricordare che una diagnosi – per eventuale disturbo specifico dell’apprendimento (noto spesso come DSA) non è mai il punto di arrivo, bensì il punto di partenza per impostare trattamenti di potenziamento specifici, svolti anche e spesso dalla logopedista stessa.
- Adulto: è falso credere che la logopedista si occupi solo di bambini. Al contrario una formazione specifica di queste figure professionali può vertere sul versante adulto, andando a valutare – e se possibile trattare – fragilità e patologie connesse alla sfera adulta (afasia – disturbo specifico solitamente post ictus, disfagia – disturbo di deglutizione, disfonia – disturbo della voce).
Per concludere, quindi, il profilo di una figura tanto importante proviamo a fare riferimento anche alle 4 non parole di cui facevamo accenno all’inizio, che attorno a lei possono ruotare, per errore o a “fin di bene”, magari con l’obiettivo di non preoccupare il bambino che dovrà affrontare un iter valutativo, di riabilitazione o di potenziamento.
La logopedista non è:
- una maestra: con lei si lavora sul linguaggio, ma non dà voti e non esprime giudizi “sul parlare bene o parlare male”;
- la ragazza delle ripetizioni: con lei si lavora sull’apprendimento, ma non si va per studiare la lezione di storia o geografia;
- l’amica della mamma e del papà: di lei mamma e papà si fidano, ma perché a lei si sono rivolti con fiducia. Spesso si pensa invece di convincere così il bambino a “non temere di andare dalla logopedista” ma sarebbe al contrario solo un modo per confonderlo nei ruoli e negli obiettivi;
- la babysitter da cui andare qualche pomeriggio: con lei si gioca sì, si gioca anche, ma non per occupare il tempo, bensì per lavorare su piccoli e grandi obiettivi condivisi, che magari il bambino non comprende concretamente, ma che nella testa “dei grandi” ci sono, eccome!
Dato, inoltre, il particolare momento storico che stiamo vivendo, dettato dalle limitazioni che l’avvento del Covid-19 ha portato nella nostra quotidianità, ci tengo a sottolineare, che diversamente da altri luoghi comuni, la terapia logopedica ha la possibilità di perseguire ampi obiettivi anche in modalità online. A fronte di un inquadramento funzionale delle fragilità e in stretta collaborazione con un adulto di riferimento a casa per il bambino, è possibile svolgere terapia direttamente da casa, in sicurezza ma al tempo stesso sinergia con la logopedista.
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Ricordiamoci sempre che i bambini sono ampiamente in grado di comprendere la verità e più spiegheremo loro le cose nel modo più lineare e a loro accessibile possibile, più si affideranno e capiranno di essere compresi nei loro bisogni.
Non scorderò mai la letterina che una bimba scrisse a Babbo Natale qualche anno fa e che i genitori a gennaio mi portarono a colloquio. Sul finale diceva così: “(…) Ti chiedo anche un’ultima cosa Babbo Natale: se riesci, mi aiuti a capire perché in classe sono la più lenta di tutti a leggere? A me piace leggere, ma in classe no: sono lenta e tutti ridono (…)”. https://www.ieled.it/sos-scuola-caro-babbo-natale-perche-leggo-lentamente/
Quella stessa bimba ha gioito quando è stata portata dalla logopedista (anche e non solo), fiera dei suoi genitori che, come Babbo Natale, avevano saputo cogliere il suo bisogno.
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