L’importanza di sbagliare
Ogni adulto che ricopre il ruolo di genitore cerca di assolvere l’arduo compito di fornire al proprio figlio gli strumenti per affrontare al meglio il mondo in cui vive.
Oggi più che mai viviamo nell’epoca dell’autoaffermazione, in cui è quasi d’obbligo raggiungere un elevato livello di successo personale ed in cui non c’è spazio per insuccessi e fallimenti. Non sorprende, quindi, che crescere un figlio “vincente” sia spesso l’obiettivo di molti genitori. Inoltre, osservare il proprio figlio sbagliare, affrontare esperienze negative o scontrarsi con delle difficoltà, non è esattamente facile per un genitore che, per natura, è portato a difendere la sua prole dalle avversità.
Esistono, tuttavia, numerose ragioni per cui insegnare ai bambini a fallire è estremamente importante ed addirittura funzionale alla promozione del loro benessere psicologico.
Analizziamo insieme 5 di queste ragioni.
È un’esperienza a cui va attribuito il giusto significato
“Errare humanum est”. Questa nota massima latina viene spesso citata e, a volte, anche insegnata: l’uomo non è una macchina e sbagliare fa parte della natura umana. Se facessimo un sondaggio “a bocce ferme”, probabilmente, la maggior parte delle persone sarebbe d’accordo con questa affermazione. Tuttavia, troppo frequentemente, quando ci si approccia ad una prestazione importante o quando si commette uno sbaglio, contemplare ed accettare l’errore è molto difficile.
Perché accade questo se tutti sappiamo che sbagliare fa parte della nostra natura? Per rispondere a questa domanda è necessario fare una distinzione importante. Esistono, infatti, delle ragioni evolutive comuni a tutti noi ed altre, invece, che variano di persona in persona.
La principale ragione evolutiva che porta tutti gli esseri umani a tollerare con fatica gli errori è semplice ed intuitiva se si pensa alle nostre antenate scimmie: sbagliare può metterci in pericolo o, comunque, danneggiarci.
Perciò, visto che sbagliare è inevitabile perché parte della nostra natura, siamo “programmati” per provare emozioni spiacevoli quando commettiamo un errore e avere l’attenzione focalizzata maggiormente sulle cose negative che ci accadono piuttosto che su quelle positive. In generale, questo serve (ed è servito alle nostre antenate scimmie) a non farci dimenticare facilmente le conseguenze negative dei nostri errori, in modo da essere più motivati ad imparare dagli sbagli commessi, migliorando, in definitiva, il nostro adattamento all’ambiente. Le ragioni che variano di persona in persona, invece, hanno a che fare con quello che ciascuno di noi ha imparato sin da piccolo sul significato del commettere degli errori.
Per esempio, un bambino potrebbe aver imparato che commettere un errore è intollerabile perché è intollerabile sopportare le emozioni spiacevoli che ne conseguono (come senso di colpa o frustrazione). Un altro bambino, invece, potrebbe avere imparato che se sbaglia significa che non è sufficientemente bravo.
Un altro bambino, ancora, potrebbe aver imparato che se sbaglia non è abbastanza degno dell’amore dei suoi cari. Lo strutturarsi di questi apprendimenti può, col tempo, amplificare la paura di sbagliare e inficiare il generale benessere psicologico personale. Ecco perché è importante attribuire un significato corretto all’errore ed insegnare ai bambini a sbagliare “bene” visto che non possiamo impedire che accada.
Facilita la regolazione delle emozioni
Come già accennato nel paragrafo precedente, siamo “programmati” per provare emozioni spiacevoli quando commettiamo un errore e queste emozioni servono ad imprimere in memoria l’errore affinché non venga commesso nuovamente. Tuttavia, esiste anche un’altra ragione per cui è importante che i bambini entrino in contatto con le emozioni spiacevoli che conseguono all’errore e al fallimento.
Ciascuna di esse ha, infatti, una funzione ben precisa: in generale, le emozioni sono come delle bussole che aiutano la persona ad interpretare quello che gli sta accadendo. La rabbia, ad esempio, permette di identificare una presunta o reale ingiustizia subìta (per es. “sono arrabbiato perché penso di aver studiato tanto e di non essermi meritato quel brutto voto”); la tristezza, invece, indica che non è stato ottenuto qualcosa di importante oppure che è stato perso (“sono triste perché alla gara di atletica non ho raggiunto il risultato che speravo”).
Le occasioni di fallimento o di errore sono tra le prime in cui i bambini sperimentano emozioni spiacevoli come rabbia, frustrazione, senso di colpa, tristezza e ansia. Immaginiamoci queste occasioni come una palestra in cui i piccoli possano allenarsi ad imparare a conoscere e a gestire delle emozioni con cui inevitabilmente entreranno in contatto prima o poi nel corso della loro vita. Permettere al proprio figlio di sbagliare significa, quindi, fornirgli la possibilità di sviluppare precocemente delle competenze emotive, in un ambiente protetto e accogliente come quello della famiglia.
Aumenta la capacità di risolvere i problemi
Imparando ad attribuire il giusto significato all’errore e alle emozioni che prova dopo averlo commesso, il bambino è maggiormente propenso ad utilizzare quell’errore in maniera vantaggiosa. “Sbagliando si impara” recita un noto proverbio.
Molti potrebbero pensare che sia solo una frase consolatoria o una giustificazione per cercare di far pesare meno il fallimento, ma non è così: l’insuccesso può essere un utile momento di crescita e di apprendimento, anzi è uno dei migliori. Il nostro cervello, infatti, è più predisposto ad imparare dagli errori piuttosto che dai premi e dalle gratificazioni.
Se si insegna ai bambini a vedere gli sbagli come occasioni da cui trarre lezioni di vita, essi arricchiranno il loro bagaglio di strategie per affrontare le situazioni difficili e per gestire e risolvere futuri problemi analoghi. In generale, questo amplierà anche la conoscenza che essi hanno di loro stessi e promuoverà una maggiore consapevolezza degli strumenti che possiedono per affrontare il mondo e le avversità.
Contribuisce alla formazione di una solida autostima
È difficile spiegare in poche parole cosa sia l’autostima. In sintesi possiamo definirla come l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo da di se stesso. I parametri attraverso cui vengono formulati questi giudizi sono appresi principalmente all’interno delle prime esperienze di relazione. Sono, infatti, le persone che ci circondano da piccoli che ci insegnano come valutare le nostre prestazioni e, quindi, il nostro valore. Nella mente del bambino si forma un “sé ideale”, ovvero come dovrebbe/vorrebbe essere, e tale rappresentazione mentale viene continuamente confrontata con il “sé reale”, ovvero come si percepisce realmente.
Ovviamente l’autostima è tanto maggiore quanto più il sé reale si avvicina al sé ideale. Le occasioni di fallimento ed errore sono, quindi, momenti fondamentali in cui insegnare ai bambini a formulare dei giudizi valutativi su di sé che siano funzionali e non deleteri per la loro immagine. Attribuire agli insuccessi il giusto significato vuol dire anche insegnare al bambino che sbagliare non è sinonimo di non-valore. Questo contribuirà alla formazione di una solida autostima che non sarà inficiata dai normali e fisiologici momenti di fallimento che vivrà nel corso della sua vita.
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Promuove una visione realistica di sé e del mondo
Nel paragrafo precedente abbiamo parlato di “sé reale”. Anche quest’ultimo è una rappresentazione mentale che il bambino costruisce ed è bene che sia il più possibile corrispondente alla realtà. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che i bambini che non possiedono una realistica rappresentazione di sé e delle proprie capacità hanno una bassa autostima e non sono in grado di formulare dei giudizi appropriati sulla propria performance e agire sulla base di essi.
Evitare che il bambino venga a contatto con errori e fallimenti può, quindi, abituarlo a sperimentare un successo illusorio che lo porterà a sovrastimare le proprie capacità e ad avere un’idea di sé non realistica. Inoltre, se un bambino si abitua sin da piccolo a vivere in un mondo senza ostacoli o avversità svilupperà un’idea della realtà distorta. Il guaio è che non sarà sempre possibile proteggerlo dal fallimento per tutto il corso della sua vita e quando il bambino si ritroverà ad affrontarlo potrebbe non avere gli strumenti per comprenderlo e gestirlo.
Permettere ai propri figli di sbagliare non significa “lasciarli da soli” nelle avversità ma concedergli la possibilità di imparare ad affrontare anche le situazioni spiacevoli della vita in presenza di qualcuno che possa aiutarli ad attribuire il giusto significato a tali esperienze ed a farne tesoro per il futuro.