Le abilità visuo-spaziali: cosa sono?
Cosa sono le abilità visuo-spaziali? Cos fare quando c’è un disturbo visuo-spaziale e come lo possiamo affrontare in età prescolare e scolare?
Le abilità visuo-spaziali costituiscono delle competenze che fanno parte della cosiddetta intelligenza non verbale; si tratta dunque di abilità intellettive di performance che, quindi, non prevedono l’implicazione del linguaggio. Ma che cosa sono nello specifico?
La definizione di abilità visuo-spaziali
Le abilità visuo-spaziali possono essere definite come la “capacità di percepire, agire ed operare sulle rappresentazioni mentali in funzione di coordinate spaziali”. Sono, in altre parole, quell’insieme di competenze implicate nella modalità visiva (e non verbale) di pensiero, e ci consentono di individuare e stimare i rapporti spaziali che intercorrono tra l’individuo e gli oggetti, tra gli oggetti stessi e di percepire l’orientamento degli stimoli visivi in cui ci imbattiamo.
L’importanza di queste abilità è data dunque dal fatto che ci permettono di interagire con il mondo che ci circonda in una modalità spazialmente corretta, di spostarci e relazionarci con gli altri e con gli oggetti. Grazie a queste esperienze, riusciamo poi a formulare delle rappresentazioni della realtà con dei riferimenti spaziali costanti e precisi (pensiamo al concetto di vicino-lontano, grande-piccolo, sopra-sotto-di fianco, destra – sinistra).
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Il disturbo visuo-spaziale
Ma quando queste abilità sono deficitarie, cosa succede? Come si manifesta il disturbo visuo-spaziale?
Le difficoltà visuo-spaziali rientrano tra i fattori critici che qualificano i vari disturbi dell’apprendimento.
All’interno dell’approccio della neuropsicologia evolutiva, infatti, sono state indagate le abilità intellettive, che sono state diversificate poiché si è sempre meno convinti che le competenze che entrano in gioco negli apprendimenti siano di un unico tipo. Sicuramente la prima grande distinzione riguarda le abilità di tipo verbale (che prevedono l’uso del linguaggio) e quelle di tipo non verbale, in cui rientrano le competenze visuo-spaziali.
A questo proposito è importante citare un neuropsicologo canadese che si è molto occupato di questo aspetto, identificando per la prima volta gli elementi che caratterizzano i soggetti con deficit visuo-spaziale: Rourke ha infatti identificato per la prima volta la cosiddetta Sindrome Non Verbale.
La prima caratteristica dei bambini con sindrome non verbale è che presentano buone competenze in ambito linguistico, ma scadenti abilità sul piano visuo-spaziale. Questi bambini, spesso, mostrano dei deficit specifici e sviluppano al contempo delle risorse compensative rispetto alle difficoltà che hanno, al fine di adattarsi al contesto quotidiano e scolastico.
Le principali difficoltà visuo-spaziali riguardano la percezione tattile e visiva, l’esecuzione di schemi motori complessi, l’interazione con gli stimoli non abituali, l’attenzione visiva e tattile, la memoria visiva e tattile.
Non sono poi da sottovalutare alcuni aspetti secondari quali quelli cognitivi (difficoltà nell’elaborazione delle soluzioni di fronte ai problemi e nella valutazioni ed analisi delle situazioni nuove) e gli aspetti psico-sociali (forte disagio nelle situazioni nuove o complesse, utilizzo di schemi comportamentali ripetitivi e stereotipati, inadeguate abilità di percezione, di giudizio e di interazione sociale, tendenza alla chiusura ed all’isolamento, ecc..).
Le risorse che i bambini con questo tipo di difficoltà mettono in atto sviluppandole maggiormente, sono invece la percezione uditiva, la motricità fine, l’uso del materiale conosciuto, l’attenzione uditiva e verbale, la memoria uditiva e verbale.
Un bambino che ha difficoltà di apprendimento non verbale sarà dunque un bambino che si bloccherà spesso di fronte a consegne difficili che contengano uno o più riferimenti visuo-spaziali, che avrà un approccio al compito ripetitivo (con perseveranza nell’errore), che avrà difficoltà a manipolare un’immagine mentale, a pianificare molti compiti, ad individuare e riconoscere particolari nuovi in un compito ed infine a memorizzare informazioni visuo-spaziali.
Leggi anche: “Due giochi per sviluppare l’orientamento spaziale“
Giochi per sviluppare le abilità visuo-spaziali
È possibile però proporre dei giochi in età prescolare o nei primi anni di scolarizzazione che aiutino a potenziare le abilità visuo-spaziali, favorendone lo sviluppo. Ecco alcuni spunti, suddivisi per tipologie di gioco:
- Giochi corporei come il bowling o la pallacanestro, che allenano la coordinazione oculo-manuale (e quindi la percezione della corretta distanza spaziale tra il bambino e uno o più oggetti);
- Giochi da tavolo quali il memory, che implica la capacità di ricordare la posizione spaziale delle immagini allenando la memoria visuo-spaziale; i puzzle, che aiutano il bambino a rappresentarsi un’immagine ed a costruirla organizzando correttamente i pezzi che compongono la figura;
- Giochi visuo-percettivi, quali “occhio al dettaglio” in cui devono essere individuati degli elementi diversi presenti in due immagini molto simili poste a confronto;
- Giochi grafo-motori: coloritura di disegni da un modello già colorato (questo tipo di attività consente di isolare le singole componenti di cui si compone un immagine e ritrovarla nello spazio-foglio ancora da colorare); schede con percorsi o labirinti, da seguire con il dito o tracciando una linea con la matita, al fine di individuare la strada corretta che porta al punto di arrivo; schede “unisci i punti”, in cui si allena la capacità di rappresentarsi mentalmente un’immagine e le relazioni spaziali tra più elementi.
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