Chi sono i “late talker”?
Cosa soni i late talker di cui ogni tanto sentiamo parlare? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro. Sappiamo che esistono delle tappe fondamentali che nei primi anni di vita portano a sviluppare il linguaggio e che non tutti i bambini le raggiungono negli stessi tempi. Infatti, ogni bambino è unico sotto tutti i punti di vista, anche rispetto alla comparsa e allo sviluppo del linguaggio.
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Lo sviluppo del linguaggio
L’eterogeneità inter-individuale che caratterizza lo sviluppo del linguaggio porta spesso, sia genitori che pediatri, a sottovalutare la presenza di un ritardo nello sviluppo linguistico nei primi 2 – 3 anni di vita, interpretandola come una situazione transitoria legata proprio all’ampia variabilità esistente. Di conseguenza, le difficoltà linguistiche vengono generalmente rilevate dopo i 3 anni di vita del bambino, a meno che non siano particolarmente evidenti o manifestazioni di problemi più generali di diversa natura. È sicuramente vero che difficoltà linguistiche nei primi anni di vita possono risolversi spontaneamente, tuttavia la ricerca e l’esperienza clinica sottolineano che in alcuni casi si osserva il consolidamento delle difficoltà linguistiche e l’evoluzione verso un vero e proprio Disturbo Specifico di Linguaggio (DSL).
I campanelli di allarme
Da qui nasce la necessità di individuare il più precocemente possibile andamenti a rischio sul piano comunicativo – linguistico, che potrebbero evolvere nel tempo in un DSL. Esistono degli indicatori significativi, che potremmo definire “campanelli d’allarme”, da tenere in considerazione e che ci aiutano a capire quando il bambino ha un ritardo del linguaggio per il quale è necessario rivolgersi agli specialisti:
- A 24 mesi: vocabolario molto ridotto (inferiore alle 50 parole);
- A 30 mesi: assenza di linguaggio combinatorio, cioè mancata associazione di due o più parole.
Per approfondire https://www.ieled.it/ritardo-del-linguaggio-3-segnali-per-riconoscerlo-e-7-strategie-per-promuovere-lo-sviluppo/
I late talker, ossia i parlatori tardivi
Un bambino che a 24 mesi produce meno di 50 parole differenti e/o a 30 mesi non è in grado di combinare parole per formare piccole frasi si definisce “late talker” (parlatore tardivo).
Come abbiamo visto, i bambini late talker, ossia parlatori tardivi possono evolvere in due modalità differenti:
- La maggior parte dei late talker raggiunge adeguate competenze linguistiche entro i 36 mesi. Sono i cosiddetti “late bloomers”, ossia bambini che “sbocciano” in ritardo;
- In una percentuale minore di late talker le difficoltà linguistiche persistono oltre i 36 mesi. Sono i bambini nei quali il ritardo iniziale si struttura in Disturbo Specifico del Linguaggio (https://www.ieled.it/disturbo-del-linguaggio-pillole/)
Non potendo sapere chi, tra i bambini late talker, recupererà spontaneamente e chi invece svilupperà un Disturbo Specifico del Linguaggio., c’è un largo consenso sul fatto che tutti i parlatori tardivi debbano ricevere intervento e monitoraggio da parte degli specialisti, tra cui vi è la figura del logopedista. Il logopedista effettua una valutazione delle competenze comunicative e linuistiche del bambino servendosi di più modalità e strumenti: l’osservazione diretta del bambino; la visione di filmati richiesti ai genitori per poter indagare e analizzare diversi contesti di vita del bambino; la somministrazione di prove che permettono un confronto con lo sviluppo tipico; la compilazione di questionari da parte dei genitori per rilevare le capacità comunicativo-linguistiche del bambino nelle situazioni più naturali.
L’importanza della valutazione
La valutazione logopedica permette di definire la necessità ed eventualmente la modalità dell’intervento: molto spesso non si effettua fin da subito un trattamento specifico diretto sul bambino, mentre è indicato un trattamento indiretto centrato sulle modalità relazionali e comunicative della coppia genitore – bambino. L’individuazione e messa in atto di strategie comunicative da parte dei genitori permette di promuovere e favorire lo sviluppo linguistico del bambino. È sempre indispensabile un monitoraggio nel tempo delle competenze linguistiche del bambino per verificarne l’andamento positivo o, al contrario, avviare un trattamento diretto sul bambino.
Nel prossimo articolo parleremo del ruolo centrale che il genitore assume nello sviluppo comunicativo e linguistico del proprio bambino e vedremo che esistono diversi stili comunicativi genitoriali, di cui uno soltanto appare “ottimale” per sostenere l’interazione e la comunicazione del proprio figlio
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