L’autolesionismo negli adolescenti. Cos’é e come comportarsi
La maggior parte dei genitori leggendo “autolesionismo” avrà sperimentato una sensazione intensa.
Qualcuno avrà provato un’intesa paura, altri avranno pensato “a mio figlio non potrà mai accadere, per fortuna non mi riguarda”, altri ancora si staranno domandando di cosa si tratta con precisione.
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Cos’è l’autolesionismo
Quando parliamo di autolesionismo ci stiamo riferendo a quei comportamenti che portano al danneggiamento volontario del proprio corpo, senza però avere come scopo la morte.
Se pensate che sia un problema che riguarda una piccolissima fetta dei giovani, vi sbagliate. Sono più del 15% gli adolescenti che ne soffrono.
Gli agiti a cui ci stiamo riferendo sono tagli, bruciature con fiamma viva o oggetti incandescenti, ferite con coltelli o forbici, colpi contro muri o con oggetti pesanti, sfregamento eccessivo di parti del corpo fino a farle sanguinare etc.
Vi starete domandando: perché mettere in atto comportamenti così dolorosi?
Perché ti tagli?
In linea generale quello che spinge alcuni ragazzi a fare ciò è l’ottenere sollievo da una sensazione o una serie di pensieri negativi; risolvere una difficoltà interpersonale e provare ad indursi una sensazione positiva che migliori lo stato di malesseree dolore emotivo che stanno sperimentando in quel preciso momento.
Più nel dettaglio, farsi del male diventa una strategia per regolare le proprie emozioni, un modo per tramutare una sofferenza emotiva in una fisica (quindi esterna, più reale e dunque apparentemente più gestibile). A quel punto ci si occupa per un po’ del dolore fisico, non pensando all’altro dolore. Ovviamente questa strategia è alquanto disfunzionale, ma in quel momento per il ragazzo sembra essere l’unica strategia possibile per sopravvivere al dolore interiore.
In altri casi l’ autolesionismo rappresenta un modo per infliggersi una punizione perché ci si sente indegni o in preda ai sensi di colpa.
O ancora, per altri può diventare un modo per comunicare il proprio disagio. Un modo eclatante per rendere visibile agli occhi degli altri la propria grande sofferenza interiore.
Qualunque sia la ragione per la quale un ragazzo arriva a farsi del male, è evidente che sia la manifestazione di un grande disagio e sofferenza, che non è in grado di verbalizzare.
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Cosa possono fare i genitori
In questi casi è molto importante che i genitori non banalizzino o minimizzino la gravità dell’evento, perché in questo modo metterebbero in atto, proprio come sta facendo il figlio, una strategia di evitamento e fuga dal problema (non riesco a risolvere una sofferenza o una situazione che mi attanaglia, sposto il problema sul mio corpo).
Se è vero che quasi tutti gli adolescenti almeno una volta hanno pensato di voler scomparire o morire, è altrettanto vero che nessun ragazzo arriva a tagliarsi o a bruciarsi solo per imitazione o per richiamare l’attenzione perché egocentrico.
Certamente il contagio sociale gioca un ruolo importante, ma non è la causa. Semplicemente l’adolescente che sente una sofferenza interiore ingestibile, vede o sa che in quel modo potrebbe trovare un momentaneo sollievo e prova a metterlo in atto.
Chiaramente se alla base non c’è un disagio importante non si arriva a ciò, anche se l’evento scatenante può sembrare banale, come un litigio in famiglia o con un amico o un insuccesso scolastico.
Pertanto quando questo accade diventa fondamentale un intervento tempestivo e una presa in carico da parte dello specialista, lo psicoterapeuta.
Lo scopo di questo intervento è quello di riattivare in modo funzionale il processo di crescita affettiva e relazionale del ragazzo, di riaprire le comunicazioni affettive, soprattutto con i genitori.
Anche in questo caso, come per i comportamenti trasgressivi dei ragazzi, diventa fondamentale da parte di tutte le persone a loro vicini cercare di comprendere il profondo significato affettivo di tale gesto.