Il NON manuale del genitore “sufficientemente buono”
Una domanda che tanti genitori si fanno nel corso dello sviluppo dei propri figli è questa: esiste il manuale del genitore?
Molto spesso i genitori si trovano nella condizione di mettersi in discussione e sentirsi pervasi da dubbi inerenti l’educazione dei propri figli.
Non a caso imperversano blog di ogni genere con lo scopo di rispondere alle migliaia di quesiti e perplessità dei genitori.
È questa una modalità caratteristica degli ultimi decenni; è vero che anche le generazioni passate di genitori si mostravano sensibili al tema “sto facendo bene con mio figlio”, ma questo quesito certamente trovava risposta nei consigli delle madri o delle nonne e il tutto era rafforzato da una tipologia di famiglia assai differente da ora, basata sulle norme e i valori che garantiva un senso di maggior sicurezza e rigidità. L’attuale messa in discussione di questa modalità di essere famiglia, ha portato i genitori a domandarsi di continuo se si stia viaggiando nella direzione giusta dal punto di vista educativo.
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È così ci si ritrova a chiedersi di frequente:
È giusto non dare mai una sculacciata?
È giusto lasciare che mio figlio venga nel lettone a … anni?
È giusto lasciare che mio figlio pianga perché vuole un gioco?
Quando è giusto che sgridi mio figlio?
Quante regole devo mettere?
Perché mio figlio non mi ascolta e sembra fare il contrario di ciò che dico?
E molte altre…
Esiste il manuale del genitore?
È esperienza di ogni genitore il desiderio di avere risposte chiare e univoche, di avere a disposizione il “Manuale del buon genitore”.
Purtroppo o per fortuna ciò non è possibile avere un manuale del genitore! E la ragione è molto semplice, perché un manuale non ci serve! I figli sono essi stessi il manuale di istruzioni, è tutto già contenuto nella relazione tra noi e loro. Ciò che serve è affinare la tecnica per “leggere” i figli e soprattutto la relazione con loro.
Partiamo dal presupposto fondamentale che ogni genitori cerca di fare il proprio meglio nel suo ruolo e il solo fatto di porsi domande e dubbi inerenti l’educazione, implica il mettersi in discussione con lo scopo di trovare soluzioni funzionali per la propria famiglia. E già questo è un ottimo punto di partenza.
L’obiettivo di ogni genitore non deve essere quello di diventare un “genitore perfetto” bensì un “genitore sufficientemente buono”.
Cosa significa?
Parafrasando i concetti del noto psicoanalista inglese Winnicott, essere un genitore sufficientemente buono significa accettare di avere paure, preoccupazioni, momenti di crisi e stanchezza, ma al contempo essere per il proprio figlio quella figura in grado di trasmettere sicurezza e amore.
Significa accettare le proprie peculiarità di genitore, accettare di non essere perfetti e di poter commettere errori. Gli errori relazionali che commettiamo con i figli sono assolutamente fisiologici e soprattutto dobbiamo ricordarci che sono sempre riparabili.
La differenza la fa proprio se e come ripariamo a quelli che pensiamo possano essere degli errori.
Ad esempio, è esperienza di ogni genitore il perdere la pazienza per una sciocchezza, perché nervosi per altre ragioni ed avere una reazione spropositata al comportamento del proprio figlio. Tutto ciò appartiene alla “normalità” e non ci deve far sentire in colpa o a disagio.
La cosa molto importante, in questo caso, è rendersi conto di cosa ci sia capitato, del fatto che la nostra reazione è stata causata da altro e non dal comportamento in sé di nostro figlio.
A questo punto sarà più semplice recuperare la situazione, spiegando cosa ci è accaduto e per quali ragioni, ovviamente adattando la spiegazione all’età del figlio.
In questo modo insegniamo a nostro figlio due cose fondamentali:
- Anche i genitori sbagliano. Sbagliare è lecito per tutti, ma è molto utile riflettere su ciò che accade per risolvere le situazioni
- È possibile sbagliare ma si può e si deve riparare
La modalità con cui riparare non può essere standardizzata, perché deve rispecchiare il modo di essere di ogni genitore. È importante che il genitore si senta a proprio agio nel “riparare”, trovando il proprio “modo migliore” affinché sia efficace e faccia stare bene sia il genitore sia il figlio.
Accettare di poter sbagliare non significa essere convinti di aver fatto nel modo migliore senza mettersi in discussione (“non avrei potuto fare diversamente, era l’unico modo possibile”) e neppure arrendersi passivamente alle cose (“faccio così e continuerò a farlo perché non so e non posso fare altro”). Ma significa aprire uno spiraglio sulla riflessione e sulla consapevolezza.
Non è sempre facile riuscire a riflettere e riparare agli errori relazionali, anzi spesso questo risulta impossibile per via delle fatiche quotidiane e delle nostre esperienze pregresse, ma è provato da diversi studi che sono sufficienti il 30% di interazioni positive con i figli, così come le abbiamo descritte, affinché le relazioni siano basate sulla sicurezza.
Cosa significa “una relazione basata sulla sicurezza” verrà approfondito nel prossimo articolo.