Il Metodo di studio: a studiare si impara anche con un DSA
Il metodo di studio serve in caso di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA)?
“Devi studiare di più. Punto.”
“Forse usi male il tuo tempo.”
“Devi trovare il tuo modo di studiare.”
“Con una diagnosi DSA, non possiamo pretendere di più.”
Quanta è la fatica che gli studenti, troppo spesso, si trovano ad affrontare dinanzi alle richieste della scuola. E quanto questa fatica “contagia” imprescindibilmente tutta la famiglia.
Tempi infiniti dinanzi ai libri, frustrazione per il timore di non farcela, tensione e nervosismi … e prediche e rimproveri non sono certo, da parte dei genitori, la soluzione a questo problema che spesso sembra insuperabile.
“La scuola dovrebbe insegnare il metodo di studio, ma lo fa davvero?” – questo e tanti altri i pensieri dei genitori, che di fronte alle fatiche dei propri figli, “accusano” la scuola rimandandole un compito, che non sempre è in grado di gestire.
Non basta insegnare, non basta proporre contenuti. Occorre che gli studenti maturino mezzi di apprendimento pratici, mirati e individualizzati. Come? Acquisendo il metodo di studio “cucito su di loro”, che permetta di districarsi tra le nuove conoscenze con le quali andranno a cimentarsi.
Questo avviene anche in presenza di una Diagnosi di Disturbo dell’Apprendimento (DSA), sia essa di Dislessia (disturbo specifico delle abilità di lettura, in ordine di accuratezza e/o velocità), di Disortografia (disturbo specifico delle abilità ortografiche), Disgrafia (disturbo specifico delle abilità di scrittura) o Discalculia (disturbo specifico della abilità logico-matematiche).
Il metodo di studio efficace, con questi bambini, può essere raggiunto ponendo attenzione a semplici passaggi, che una volta automatizzati potranno supportarli nel corso di tutto il percorso scolastico. Ma uno studio di questo tipo prevede anche un grande investimento da parte dei genitori o di chi affianca i bambini nello svolgimento dei compiti a casa.
Proviamo a concretizzare il Metodo di Studio
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Spesso la fragilità maggiore parte della fatica a comprendere ciò che viene letto. Leggere, ad alta voce, il contenuto del testo da parte di un adulto aiuta il bambino a concentrarsi su “ciò che ascolto” e non su “come lo leggo”. Spostare quindi il focus aiuta a porre l’attenzione sull’obiettivo, rendendo più agevole la comprensione. Un altro strumento utile è quello dei sintetizzatori vocali o degli audio libri, spesso utilizzati anche in classe.
- Cosa hai capito? Chiedere al bambino un piccolo riassunto orale di ciò che ha appena ascoltato, lo porta a convogliare la sua attenzione sul contenuto, lavorando sulla memoria a breve termine, componente spesso fragile o deficitaria.
- Creare insieme una mappa concettuale, di ciò che si sta studiando. Imparare a produrre degli schemi o delle mappe concettuali, piuttosto che utilizzare materiale preimpostato, aiuterà il bambino a lavorare sulle parole-chiave, stimolando organizzazione visiva e uso di immagine, spesso canale privilegiato in bambini con fragilità nell’apprendimento.
- Partendo dalla mappa prodotta, rileggere il testo da parte dell’adulto, permettendo al bambino di rielaborare i contenuti appresi, riuscendo a visualizzarli. Questo stimolerà l’acquisizione e l’apprendimento più a lungo termine.
- Stimolare il bambino, alla ripetizione della parte studiata, utilizzando la mappa prodotta. Permettere l’utilizzo (anche in classe durante le interrogazioni) delle mappe concettuali non è una agevolazione ma il diritto di accedere a strumenti compensativi, pensati per il supporto e il potenziamento di uno studio efficace e personalizzato.
Va ricordato che “il metodo di studio è la conoscenza della strada più efficace, più rapida e più economica per ottenere risultati soddisfacenti (Imparare a studiare – Il Metodo di Studio)” e proprio per tale motivo non è funzionale approcciarsi a un metodo come se fosse qualcosa di prestabilito e preimpostato. Perché diventi funzionale deve basarsi sulle caratteristiche di ciascun bambino e di ciascuno studente, con l’obiettivo di rendere più agevole il suo approccio verso la scuola.
Il metodo di studio divenire uno strumento creato e fatto proprio.
Una stretta collaborazione tra i professionisti che si occupano di diagnosi, tra la famiglia che si occupa del bambino a casa e tra la scuola che lo vive quotidianamente tra i banchi potrà essere un grande punto di partenza e di forza per individuare insieme il bene dello studente, condividendo Piani Didattici Personalizzati (PDP) volti al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Dott.ssa Francesca Savino
Psicologa – Referente Area DSA