Il gioco è una cosa seria: l’importanza del gioco per lo sviluppo del bambino
Provate a pensare a un bambino di 4 anni: qualcuno di voi lo immaginerà a casa e qualcun altro ai giardini, qualcuno in compagnia e altri da solo, ma quasi tutti voi penserete a un bambino che gioca. Infatti i bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo nell’esercizio di varie attività ludiche.
Potrebbe sembrare che un bambino che gioca stia perdendo tempo o che comunque non stia facendo niente di importante. È significativo l’utilizzo nel linguaggio comune del termine “passatempo” come sinonimo di gioco, quasi a sottintendere che sia qualcosa che serve per riempire un tempo vuoto e quindi senza un suo valore. In realtà mentre gioca il bambino sta imparando a conoscere il mondo che lo circonda e a confrontarsi con esso.
Vogliamo quindi proporvi una serie di articoli per comprendere l’importanza del gioco nell’infanzia e cominciare a considerarlo da un’altra prospettiva: non solo come un’attività in cui il bambino sfoga le sue inesauribili energie, ma anche come un importante fattore di sviluppo.
L’interesse degli studiosi per il gioco è stato nel corso del tempo altalenante, ed è anche per questo che le nostre conoscenze su questo tema sono ancora piuttosto limitate.
Oggi gli studiosi sono convinti che il gioco contribuisca in modo determinante allo sviluppo del bambino, ma anche che dalla sua osservazione si possano ricavare importanti informazioni sul bambino stesso, permettendoci quindi di intercettare precocemente eventuali difficoltà. Ma non è sempre stato così. Infatti il concetto di gioco si è trasformato nel corso dei secoli.
Nell’antichità era il tempo libero dalle attività considerate più “serie” come lo studio o le incombenze domestiche e nessun valore educativo gli veniva riconosciuto. Il fatto che fosse privo di finalità concrete lo connotava addirittura in maniera negativa, tanto che Platone suggeriva di orientare il gioco all’apprendimento di un mestiere fin dai primi anni di vita. I primi ad essere valutati positivamente furono i giochi motori come la corsa o il salto e nel XVIII secolo si pensò che il gioco poteva essere utilizzato a scopo didattico per rendere meno faticoso l’apprendimento. Ci vollero però secoli perché il gioco fosse accettato come un’attività piacevole senza altre finalità concrete: nell’800, con la nascita in Germania dei primi “giardini d’infanzia” (corrispondenti alle nostre scuole dell’infanzia) fu finalmente data ai bambini la possibilità di esprimersi liberamente attraverso il gioco. Un passo ulteriore fu fatto nell’ambito del Metodo Montessori all’inizio del ‘900, ma solo quando la psicologia ha iniziato a interessarsi al gioco del bambino si è capito quanto l’attività ludica sia importante per una crescita armoniosa. Oggi il gioco è ufficialmente riconosciuto come uno dei diritti fondamentali del bambino (art.31 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia).
Perché quindi il gioco è così importante?
Per quanto riguarda le abilità motorie, il gioco consente al bambino di sperimentare le possibilità del proprio corpo, imparando a controllarne i movimenti e a coordinare i gesti.
È uno strumento fondamentale anche per lo sviluppo cognitivo, perché, per esempio, favorisce la capacità di astrazione e permette lo sviluppo della memoria, della capacità di attenzione e di concentrazione.
Non meno importanti sono le ricadute a livello socio-affettivo. Giocando, infatti, il bambino impara a relazionarsi in maniera corretta con i pari e con gli adulti e a gestire le piccole frustrazioni che ne derivano. Impara quindi a riconoscere i propri bisogni, a capire come soddisfarli e a mediarli con quelli degli altri.
Attraverso i prossimi articoli entreremo nel vivo dello sviluppo del gioco, ne analizzeremo le varie tappe e impareremo a riconoscere eventuali campanelli d’allarme.
dott.ssa Francesca Sinatra