I primi momenti con il proprio bambino: un vortice di emozioni
I cambiamenti per i neo genitori:
Dal momento del concepimento sino al parto, per i genitori inizia un lungo processo che implica notevoli cambiamenti per adattarsi alla nuova condizione di vita.
Sappiamo che per entrambi diventare genitori significa porsi a confronto con le figure genitoriali della propria infanzia ed attraverso una rielaborazione più meno consapevole di ciò si giunge all’assunzione del proprio ruolo e stile genitoriale.
È indubbio che la portata di tali cambiamenti impatti in modo preponderante sulla madre; oltre che nel fisico, anche nella sua mente cominciano a delinearsi delle modificazioni tali da consentire alla donna di costruirsi un’idea di sé come madre e permettere l’affinarsi del sistema di accudimento.
Per il padre questa transizione alla genitorialità sembra essere nella maggioranza dei casi più graduale e diviene di maggior impatto con la nascita.
Ad ogni modo, per entrambi, il momento del parto e ancor di più il rientro a casa con il neonato, rappresentano l’apice della consapevolezza che qualcosa in loro è cambiato irrimediabilmente e sottovalutare la portata di queste emozioni può essere dannoso per i neo genitori.
Un vortice di emozioni ambivalenti
Un vortice di emozioni travolge i genitori e di riflesso anche il piccolo è interessato da ciò.
Il bambino si trova dunque ad essere al tempo stesso agente e destinatario di tutti questi vissuti.
Per la madre ritrovarsi con un neonato tra le braccia significa provare emozioni contrastanti. Quel bambino che è stato oggetto di fantasie e sogni per molti mesi o addirittura anni, ora è lì in carne ed ossa ma è pur sempre un corpo sconosciuto e per i primi momenti estraneo.
Il “film” della nuova vita da madre che si delinea nella mente della donna durante la gravidanza e le aspettative circa il parto e il momento del fatidico incontro sembrano giocare un ruolo importante su quello che sarà il vissuto emotivo dei primi istanti insieme.
La nostra cultura ci porta erroneamente a credere che quell’incontro sia un momento di gioia assoluta e pura, in cui emozioni di altre tonalità siano totalmente assenti.
Quel che spesso accade, invece, è una scotomizzazione di queste emozioni, nel senso che vengono occultate in modo inconscio perché inaccettabili e indicibili.
Nella pratica clinica infatti accade molto spesso di trovare madri che riescono a verbalizzare di aver provato oltre che gioia e ed estasi anche emozioni percepite come meno gradevoli o di aver avvertito un senso di estraneità nei confronti del bebè o ancora di non aver sentito sin da subito questo trasporto travolgente verso il proprio bambino. Ma questi racconti sono accompagnati da profondo senso di colpa e di inadeguatezza perché considerati disdicevoli e propri solo di quelle madri “a metà”.
È bene che si sappia che questa invece è una realtà fisiologica e per nulla predittiva di una relazione madre-bambino disfunzionale.
Sono attimi così intensi e travolgenti che necessitano di una lenta rielaborazione e di un riordinio successivo; ma se questo processo viene agevolato da una pronta comprensione e accoglienza dei vissuti da parte del personale ospedaliero prima e dalla famiglia poi, sono la madre ed il bambino a trarne un notevole beneficio e certamente anche la loro relazione.
Il rientro a casa con il bebè:
Una volta ritornati a casa con il neonato ci si confronta con il ritorno alla propria “normalità”, che tuttavia di normale non ha più nulla. Le routine, gli orari ed anche gli spazi appaiono così diversi ed anche ovviamente il rapporto con il proprio partner.
Questo cambiamento può essere foriero di soddisfazione, ma molto spesso di disorientamento dove ci si sente affaticati, stanchi e talvolta prigionieri del proprio bambino che costringe la nuova famiglia a ritmi difficili da apprezzare.
Prendersi cura di un neonato può essere spesso sfinente e poco gratificante e un’ambivalenza emotiva è ciò che caratterizza la quotidianità dei neo genitori, ed in particolare della madre che si sente 24h su 24 in un vincolo di dipendenza assoluta con il suo bambino; tutto ciò provoca al contempo gratificazione ma anche stanchezza e disagio.
La comunicazione tra madre e bambino nei primissimi mesi a volte è difficile perché avviene solo attraverso il canale non verbale ed in particolare attraverso il pianto e ciò può far sentire la madre frustrata perché non è sempre facile comprendere i bisogni del proprio bimbo; è necessario del tempo per conoscersi reciprocamente e diventare via via sempre più responsiva nei confronti del piccolo.
Circolo della sicurezza – dalla teoria alla pratica-
Esiste un percorso supportivo e psicoeducativo per i genitori di bambini dalla nascita fino ai 18 anni di età, in cui si cerca di valorizzare e rinforzare le capacità di accudimento (già biologicamente presenti in ognuno di noi), a identificare e riconoscere i bisogni emotivi del proprio bambino, ad aiutare i genitori a stare emotivamente con il proprio bambino nel momento della vicinanza ma anche del distacco e ancora a riconoscere i momenti più difficili della quotidianità della relazione con il proprio figlio e imparare a riparare le rotture.
Tale programma si basa sui principi teorici della teoria dell’attaccamento, in particolare del circolo di interrelazione che sta alla base del sistema di attaccamento.
Questa è una delle tante possibili forme di sostegno psicologico e pedagogico per i genitori volte a consentir loro e ai propri figli una positiva crescita e sviluppo emotivo.