GLI: Gruppo di Lavoro per l’Inclusione Fare ordine tra le sigle – Ultima parte
“Spieghi e sembra semplice
ma io non ti capisco.
Tutti hanno già finito
io ancora non finisco.
Il foglio è un mare aperto
e io non so nuotare
arranco, batto i piedi
cerco di galleggiare.
Maestra non sgridarmi
se non alzo mai la mano
non sono mica pigro
… nuoto solo piano!”
Di Bisogni Educativi Speciali, noti ormai tra i corridoi delle scuole come BES, se ne parla da tempo… e se ne parla tanto. L’avvento della normativa C.M. n° 8 del 6 marzo 2013, che a sua volta si basa sui principi della Legge 53/2003 (che sancisce il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento), ha richiesto al mondo della scuola secondaria di primo e secondo grada un’organizzazione istituzionale nuova, gestita dall’interno, che abbia il compito di predisporre interventi individualizzati e mirati di integrazione e di inclusione scolastica.
Ma cosa si intende innanzitutto per Inclusione?
“Una comunità a misura di ragazzo e dei suoi bisogni”: ecco su cosa si basa il concetto di inclusione e del modello di azione a cui si riferisce. Specificatamente, facendo riferimento al contesto scuola, il pensiero si struttura intorno a un luogo, che per ciascun ragazzo (e di conseguenza per le rispettive famiglie) possa essere al tempo stesso luogo di apprendimento e luogo di sicurezza. Luogo in cui venga condiviso il rispetto e stimolate le peculiarità di ciascuno, al fine di favorire un contesto di apprendimento proficuo e positivo.
Secondo questo presupposto e in questa logica di pensiero viene fatto un enorme passaggio in più rispetto al concetto di “integrazione scolastica”, basata su un modello che faceva distinzione tra studente con e senza disabilità.
Differentemente quindi rispetto a questo filone di pensiero, con i presupposti sottostanti il concetto di Inclusione, alla scuola è stato richiesto un salto in avanti, propriamente evolutivo, passando quindi dall’istruire al “fare cultura”.
Viene quindi considerato il concetto di Inclusione scolastica come la spinta volta a rispettare i bisogni e le esigenze di ciascuno, pianificando ambienti di apprendimento individualizzati, organizzando attività scolastiche e non che abbiano come obiettivo la partecipazione attiva alla vita di classe, in modo proficuo e il più possibile autonomo.
Non siamo tutti uguali.
Per anni è trapelato a livello educativo (fuori e dentro la famiglia) un cardine quasi imprescindibile: “siamo tutti uguali e come tali dobbiamo rispettarci reciprocamente”. Falso, falsissimo. Non siamo tutti uguali. Non abbiamo gli stessi diritti (perché non abbiamo gli stessi bisogni). Dobbiamo smettere di trasmettere questo messaggio ai nostri ragazzi. Non siamo tutti uguali e come tali dobbiamo essere trattati in modo differente. Sulla base di cosa? Dei bisogni, dei tempi, del momento, delle richieste. Solo così ai ragazzi sarà “più facile” comprendere le modalità diverse di gestione e di inclusione che talvolta diventano necessarie a scuola (“perché lui può usare la calcolatrice durante le verifiche e io no?”). Una volta una dirigente scolastica, durante un suo collegio docenti, zittì quasi le sue insegnanti con una frase abbastanza perentoria: “una buona insegnante non fa preferenze, ma fa differenze”. Differenze basate proprio sull’identificazione di tali bisogni, bisogni unici e speciali. Ripeto: non siamo tutti uguali.
Concretamente cosa è cambiato nell’aspetto operativo della scuola?
Secondo tale pensiero sono cambiate (o almeno lo si auspica) tanto le ideologie quanto le operatività concrete.
L’art.15 della Legge n.104 del 1992 ha previsto l’inserimento a scuola di due gruppi di lavoro operativi:
- GLH (Gruppi di Lavoro per l’integrazione scolastica)
- GLHI (Gruppi di lavoro e di studio d’Istituto)
A questi sono stati quindi affiancati, con la circolare 8 del 2013, i GLI ovvero Gruppi di lavoro per l’inclusione o per l’inclusività: nuovi organi operativi nati per promuovere il processo di inclusione scolastica, non con l’obiettivo di sostituire i precedenti, bensì – come prevede la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 – definendoli in modo complementare. Cita il “paragrafo 2”: <<L’organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica” prevede: i GLH a livello di istituzione scolastica, eventualmente affiancati da Gruppi di lavoro per l’Inclusione, i GLH di rete o distrettuali, i centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) a livello di distretto sociosanitario e almeno i CTS (Centro Territoriale di supporto). >>
E ancora, all’articolo 15, vengono riportati i compiti che tale organo assume: “i GLI hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza ai singoli, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell’esecuzione degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40, per l’impostazione e l’attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all’inclusione degli alunni in difficoltà di apprendimento”.
Nello specifico, tale organo è chiamato a svolgere le seguenti funzioni:
- rilevare studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES) presenti nell’istituto;
- stilare una proposta di PDP (Piano Didattico Personalizzato) per gli studenti che ne necessitano (azione concreta che dovrà poi svolgere il Consiglio di Classe di ogni singolo studente);
- raccogliere e documentare interventi educativi-didattici;
- monitorare e confrontarsi circa il livello di inclusività dell’istituto;
- condividere la presenza di studenti DVA (con disabilità) all’interno dell’istituto e promuovere per loro l’attuazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato) previsto dalla legge;
- confrontarsi su casi e situazioni scolastiche, nell’ottica di supporto e consulenza tra colleghi nell’attuazione di strategie e metodologie adeguate alla gestione dei singoli.
Sembra complesso? Sembra impossibile? Forse un po’ l’uno e un po’ l’altro, ma un lavoro sinergico di questo tipo è il punto focale per una scuola “nuova”, a misura dei ragazzi, a misura di famiglie, a misura di ciascun attore che in essa opera e si spende al meglio.
Dott.ssa Francesca Savino
Psicologa – Referente Area DSA