Quando il gioco non è gioco: Come riconoscere il disagio emotivo attraverso il gioco
Cari lettori, nel precedente articolo abbiamo affrontato e approfondito il tema relativo al gioco simbolico.
Il gioco, come ormai sapete, è uno dei motori più forti dell’infanzia, che consente di far emergere e consolidare le abilità in crescita del bambino.
Tuttavia non è sempre così: il gioco infatti può anche essere rivelatore di un disagio emotivo del bambino, proprio perché il gioco consente di sprigionare non solo le abilità motorie e psichiche, ma anche emotive.
Ecco allora che, ciò che il bambino mette in atto e che ad una prima osservazione può sembrare un gioco simbolico, in realtà potrebbe trattarsi della manifestazione di una richiesta di aiuto.
Nell’articolo di oggi voglio proprio offrirvi alcuni spunti per riconoscere dei segnali di difficoltà del vostro bambino che potrebbero richiedere un’attenzione speciale da parte vostra.
Ecco quattro “campanelli d’allarme” per riconoscere un’attività non ludica che può rendere evidente un disagio emotivo
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Il gioco è poco chiaro e poco organizzato
Nel gioco il bambino risulta incapace di individuare in autonomia delle soluzioni pertinenti alla storia che lui stesso a creato; a livello emotivo, appare confuso e disorientato. Ne consegue un gioco non organizzato, caotico, “bloccato” in quanto non confluisce in un finale.
Il gioco è troppo vicino o troppo lontano dalla realtà
Il gioco simbolico è anzitutto finzione, rappresentazione soggettiva di ciò che ci circonda e giusto compromesso tra fantasia e realtà; tuttavia, per il bambino, il gioco è anche quello spazio psichico in cui gli è consentito apprendere in totale sicurezza. Laddove nel gioco vi siano troppi elementi realistici (es. conseguenze reali ad un’azione di finzione) o troppo lontani dalla realtà, il gioco rischia di perdere una propria trama e sconfinare in un’attività non funzionale, in quanto non porta ad alcuna soluzione, non è finalizzata. Fuori dalla zona ludica, il bambino non può più sperimentare le proprie competenze in sicurezza, pertanto non può vivere con serenità e tranquillità l’esperienza di gioco.
Il gioco è ripetitivo nei temi, nelle azioni, nei personaggi, nel finale
Un gioco povero e ripetitivo è sintomo di un mancato apprendimento. Pertanto è da monitorare com’è il tipo di gioco che il vostro bambino compie. Non fraintendetemi, se un bimbo ripete per diverse volte un’attività in cui è coinvolta un’abilità specifica (es. fare dei salti sempre più grandi) la ripetizione è, in questi casi, un allenamento che il vostro bambino compie, un “mettersi alla prova!”.
Diverso è invece se il bambino ripete all’infinito la stessa storia, senza modificarne la trama. In questo caso, è escluso anche il divertimento, ingrediente fondamentale del gioco.
Presenza di tematiche di angoscia, paura e morte
La presenza ossessiva di queste tematiche nel gioco spesso prende il posto della trama, del piacere ludico, del tempo e dello spazio di gioco. Spesso è sintomo di una necessità del bambino di rielaborare delle esperienze vissute che gli procurano ansia e paura: nel gioco, il bambino le esprime ma non riesce a rielaborarle.
Vi tranquillizzo, questi “segnali” non implicano necessariamente una situazione di disagio emotivo: possono subentrare vari fattori che influiscono sul gioco del bambino, pertanto non sempre è necessario intervenire con un trattamento neuro-psicomotorio.
Tuttavia è importante esserne consapevoli ed avere un occhio attento rispetto ai giochi dei vostri bambini, in modo tale da sapere quando può essere necessario intervenire.
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