La dipendenza da internet
La dipendenza da internet è un problema sempre più rilevante, soprattutto tra i giovani, con ripercussioni sulla vita personale, professionale o scolastica. Non può essere considerata uno specifico disturbo psichiatrico, ma piuttosto un sintomo psicologico che può connettersi a differenti quadri diagnostici e clinici.
Il confine tra condotte fisiologiche e di dipendenza oggi appare molto complesso da marcare, in un’epoca in cui tutti noi, anche a causa dell’emergenza sanitaria, siamo costantemente in relazione con la rete.
Accanto ad un consumo funzionale esistono degli eccessi che vanno dal totale inutilizzo della tecnologia, all’iperutilizzo; due estremi che, come dimostrato dalla ricerca clinica, possono essere un campanello di allarme di un disagio profondo.
Per analizzare in maniera clinica la dipendenza da internet degli iperutilizzatori è importante considerare non tanto il tempo trascorso on-line, ma il funzionamento psichico, affettivo, relazionale del ragazzo, ovvero come affronta i compiti evolutivi dell’adolescenza.
Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, per facilitare la comprensione di questo complesso fenomeno, utilizza una classificazione in due categorie, messa a punto insieme ai colleghi, di potenziali dipendenti della rete: da una parte i “sovraesposti sociali” e dall’altra “ritirati sociali”.
I “sovraesposti sociali” sono coloro che esprimono il loro disagio mediante un eccessivo contatto con gli altri e tramite degli “agiti virtuali” come ad esempio:
– il sexting, ovvero l’esibizione mediante foto o video di parti del proprio corpo più o meno svestito;
– il cyberbullismo dove gli adolescenti tendono a deridere, minacciare, svergognare l’altro in rete senza esporsi direttamente.
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Il sexting nasconde un bisogno immenso di approvazione da parte degli altri. I ragazzi e le ragazze inviano foto del corpo per avere un riconoscimento estetico e personale. Dietro a questo fenomeno si trova spesso un’incapacità di impreziosire e arricchire il proprio sé, valorizzandolo e apprezzandolo per quello che è, senza rincorrere un ideale irrealistico.
Dietro ai fenomeni di cyberbullismo si nasconde il bisogno di usare l’altro come bersaglio dell’insoddisfazione, della fragilità e difficoltà evolutiva. Il cyberbullo offende e attacca per dare sfogo a un dolore che non può essere elaborato con la mente e che esprime, esercitandole sugli altri, esattamente le stesse ferite e violenze di cui si sente vittima.
I “ritirati sociali” esprimono la propria fragilità attraverso il rifiuto del contatto con gli altri nella realtà.
Gli adolescenti “ritirati sociali” denominati con il termine giapponese “Hikikomori” sono i giovani che si isolano dal contesto sociale e dalle relazioni e che tendono a chiudersi in casa a causa del senso di vergogna che provano, interrompendo così il loro rapporto con quel mondo esterno che considerano e vedono come pericoloso e meschino. Spesso dietro a questi ragazzi si trova la paura di essere inadeguati e il timore di fallire. Usano allora la rete solamente per guardare senza essere visti. Con il ritiro sociale evitano le possibili delusioni e i rischi di fallimento.
Ritiro sociale e dipendenza da internet sono dunque dimensioni strettamente interconnesse, che vivono e si sostengono reciprocamente.
Molto spesso il primo e più evidente sintomo del ritiro sociale si manifesta con il rifiuto della scuola, indirettamente rappresentato da una costellazione complessa e dolorosa di sintomi fisici come mal di pancia, mal di stomaco e mal di testa. Alla base di questo ci sono incomprensioni, prese in giro, malumori con i compagni e insegnanti.
Con il ritiro sociale ci si assenta non solo dai banchi di scuola ma anche da delusioni e rischi di fallimento. E’ troppo doloroso affermare che non si è in grado di affrontare la vita scolastica e sociale.
Il disagio che l’adolescente sperimenta nei confronti del proprio corpo è una questione centrale nel rendere internet una dipendenza. La rete diventa una strategia di automedicazione per la cura della vergogna, l’unico accettabile strumento di ancoraggio alla realtà.
Se la rete diventa la difesa che il ragazzo sceglie di utilizzare, questo significa che sta cercando di non cedere a un dolore che, per qualità e intensità, potrebbe risultare inaccessibile e difficile da elaborare per la propria organizzazione mentale. Uno dei rischi più grandi da cui si salva il ragazzo immerso nella rete e ritirato socialmente è la perdita della speranza di costruire un’identità e un ruolo sociale presentabile al mondo esterno.
La rete consente di anestetizzare i vissuti di tristezza e solitudine lasciando in stand-by i progetti futuri e si configura come un mediatore tra l’onnipotenza narcisistica e la realtà concreta.
Il trattamento della dipendenza da internet
Oggi giorno è complesso avere un quadro diagnostico chiaro, condiviso e dettagliato sulla così chiamata “Internet Addition”.
Diventa quindi importante comprendere le rappresentazioni profonde dei ragazzi per capire quali compiti della crescita siano momentaneamente bloccati. La sofferenza mentale in adolescenza può dipendere dal fatto di non riuscire a realizzare i compiti evolutivi. I sintomi come i comportamenti disfunzionali possono allora essere determinati dal tentativo di proteggersi da queste difficoltà.
Un adolescente che mette in rete foto di parti intime per ottenere apprezzamenti e like sta ricercando, per esempio, un sostegno esterno nell’affrontare il compito di mentalizzazione del proprio corpo.
E’ importante identificarsi con le sofferenze dei ragazzi per intuire cosa stanno tendando di risolvere o realizzare con il loro comportamento, da cosa si stanno difendendo e quale compito evolutivo è per loro difficile da affrontare e realizzare.
Il lavoro del genitore diventa quindi quello di comprendere le ragioni inscritte nel percorso di crescita che spingono a mettere in atto condotte pericolose e apparentemente insensate. E’ importante che l’adulto si identifichi con le loro sofferenze, attraverso un atteggiamento empatico per spiegare meglio le fatiche del proprio figlio. A questo proposito quattro domande possono aiutare a comprendere meglio i ragazzi con dipendenza da internet:
– Quale bisogno e necessità corrisponde l’uso disfunzionale di internet?
– Quali sono le paure e le angosce sottostanti?
– Quali compiti evolutivi sono bloccati?
– Cosa trova nella rete?
Il primo passo da fare è riconoscere la natura profonda del dolore sperimentato dal ragazzo. Se la rete assume una valenza “protettiva”, risulta allora fondamentale non demolire il loro apparato difensivo attraverso la “disintossicazione da internet”. L’alleanza con il sintomo fin dal primo momento è pertanto fondamentale per ingaggiare l’adolescente in una relazione diversa con l’adulto. E’ funzionale mostrarsi interessati al mondo interno ed esterno dell’adolescente in modo da poter individuare un progetto “terapeutico” fatto di obiettivi praticabili, condivisi, esplicitati e sostenibili.
Trovare una spiegazione e una ragione a un comportamento considerato sbagliato e una perdita di tempo, consente all’adolescente e alla sua famiglia di uscire dal circolo vizioso dei conflitti e delle accuse reciproche.
Di fronte al problema è importante avvicinarsi senza angoscia e concitazione eccessiva; spesso gli adolescenti non riescono a comunicare quanto accade per timore delle reazioni dei genitori. Solo la convinzione che mamma e papà siano una risorsa per risolvere il problema darà ad essi la fiducia e il coraggio di rivolgersi a loro. I ragazzi cercano nel genitore un sostegno alla risoluzione di ciò che li affligge, non il rimprovero o la delusione per ciò che gli sta capitando. Diventa quindi davvero importante che la famiglia sia una risorsa affettiva e relazionale a disposizione dell’altro, se si vuole essere percepiti come qualcuno a cui poter consegnare ciò che più preoccupa e fa soffrire.
Bibliografia
Lancini M., Adolescenti Navigati. Come sostenere la crescita dei nativi digitali, Trento, Erickson, 2015.
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