Cosa fa il logopedista
Precedentemente è stato approfondito chi è il logopedista, ovvero uno specialista sanitario, iscritto al relativo albo professionale, che si occupa della diagnostica, prevenzione e trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio e della comunicazione in età evolutiva, adulta e geriatrica (DM 14 settembre 1994, n. 742); in questo articolo vedremo cosa fa il logopedista.
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Infatti, la logopedia (dal greco λόγος, ” parola”, e παιδέια, “insegnamento, educazione”) è la branca della medicina che studia le patologie e i disturbi della voce e dell’articolazione dei suoni, del linguaggio e della parola, della comunicazione, dei disturbi cognitivi connessi (relativi, per esempio, alla memoria e all’apprendimento) e della deglutizione.
Gli ambiti di lavoro
Sebbene il logopedista possa prendere in carico persone di ogni età, i suoi pazienti sono soprattutto bambini, perché spesso sono gli insegnanti a indirizzare i genitori verso una consultazione specialistica.
Infatti, si può giungere all’attenzione clinica del logopedista, per esempio, in presenza di ritardi nello sviluppo del linguaggio, disturbi specifici del linguaggio, dell’apprendimento (come la dislessia) e dell’attenzione, autismo e disabilità intellettiva, patologie cerebrali o neurologiche, disfonia, dislalia, disartria, balbuzie, disfagia e deglutizione atipica.
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In questo articolo proveremo a capire cosa fa un logopedista, cercando di tracciare una breve panoramica rispetto alle sue fasi operative.
Sono fondamentali, però, due premesse riguardo il lavoro del logopedista.
La prima fa riferimento alla necessità di comunicazione e collaborazione con la famiglia e la scuola, al fine di fornire un supporto terapeutico coordinato con il contesto del bambino, disporre eventuali strumenti compensativi e/o dispensativi e preservare i traguardi raggiunti. Per esempio, ai genitori vengono mostrate le attività logopediche in modo che possano riproporre esercizi a casa e, così, rafforzare il lavoro svolto.
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La seconda premessa riguarda la non univocità della terapia logopedica. È inverosimile pensare che a una patologia corrisponda un protocollo univoco di trattamento, poiché per programmarlo bisogna prendere in considerazione una serie di variabili, quali per esempio l’età, lo stato di salute generale del paziente con i suoi punti di forza e debolezza, nonché la prospettiva di riferimento del professionista.
Il lavoro del logopedista
I momenti principali attraverso i quali si articola il lavoro del logopedista possono essere condensati in quattro fasi.
- L’anamnesi. É una visita preliminare in cui si analizza la cartella clinica e si raccolgono dati riguardo la storia di vita del paziente e della sua famiglia. Alcune informazioni, anche quelle che non riguardano direttamente il paziente bensì il suo contesto familiare, possono essere degli indizi utili per comprendere meglio la sua condizione. Per esempio, sapere che la mamma di un bambino ha parlato per la prima volta all’età di 4 anni indica una familiarità per un ritardo nello sviluppo del linguaggio: dato utile per l’inquadramento clinico e diagnostico.
- La valutazione. È il momento in cui vengono somministrati test standardizzati per fasce d’età per valutare specifiche competenze. Questo tipo di valutazione fornisce degli indici quantificabili del grado di difficoltà del paziente. Inoltre, la conversazione e la semplice osservazione del bambino possono fornire ulteriori dati importanti. Alla fine della valutazione il logopedista stila una relazione sulla condizione del paziente: il bilancio logopedico. A questo punto, triangolando i dati anamnestici e quelli risultati dalle valutazioni standardizzate e dall’osservazione, è possibile individuare eventuali aree critiche sulle quali è necessario intervenire.
- La presa in carico. Fase in cui si sviluppa un piano d’intervento basato sull’alleanza terapeutica logopedista-paziente-famiglia: inizia la terapia con il paziente. L’obiettivo è quello di fornire trattamenti individuali personalizzati, intensivi o semi intensivi, in base alle necessità. Infatti, a seconda del disturbo, le sedute possono variare da una a settimana a una al giorno, nelle quali possono essere svolti esercizi e giochi logopedici. Quindi, il compito del logopedista è quello di costruire, migliorare o ripristinare le capacità comunicative. Per esempio, a seconda delle difficoltà del suo paziente, il logopedista può insegnare a emettere suoni e articolare le parole in modo corretto, oppure a sviluppare e usare consapevolmente la muscolatura della masticazione e della deglutizione. Qualora le capacità comunicative verbali fossero compromesse, insegna metodi alternativi di comunicazione come il linguaggio dei segni o la lingua Braille.
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- Il test di controllo o conclusivo. Durante e a fine terapia il logopedista somministra nuovamente test per monitorare l’andamento della terapia. Ciò consente di tenere traccia dei risultati e dei progressi, della qualità e dell’efficacia dei programmi d’intervento, al fine di adattare e modificare l’intervento durante il percorso sulla base delle esigenze del paziente.
É importante ricordare che il logopedista lavora spesso all’interno di un’equipe multidisciplinare con altri professionisti della salute come il neuropsichiatra infantile, lo psicologo, lo psicoterapeuta e il neuropsicomotricista.
Per i genitori, un lavoro svolto in questi termini ha come principale vantaggio quello di ricevere una restituzione e un programma d’intervento che integra molteplici pareri da discipline e prospettive differenti, così da incrementare la qualità di vita del paziente nel modo più funzionale possibile.
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In conclusione, la logopedia è una disciplina che rientra nell’ambito riabilitativo, ma gran parte del lavoro, soprattutto quello svolto con i bambini, è in realtà abilitativo, ovvero riguarda l’acquisizione di competenze nuove, oltre a migliorare o potenziare quelle già esistenti. In quest’ottica, l’intervento logopedico non solo incrementa le competenze del paziente, ma assume anche una valenza preventiva. Infatti, l’intervento precoce con i bambini può evitare la cronicizzazione delle difficoltà in età adulta e, di conseguenza, la qualità di vita del paziente e della sua famiglia.
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