Comunicazione e linguaggio nella scuola dell’infanzia: l’interazione fra insegnante e bambino
Come abbiamo visto nell’articolo precedente, le “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (<<Annali della Pubblica Istruzione>>, Numero speciale 2012, tratto dal libro “Crescere comunicando nella scuola dell’infanzia”, Girolametto L. , Marotta L. e Onofrio D., Erickson) ritengono che la lingua, utilizzata nel confronto con gli altri, è uno strumento importante per conoscere, comunicare e dar forma al proprio pensiero, insieme all’osservazione e all’esperienza concreta.
L’ambiente a livello linguistico deve essere stimolante per permettere ai bambini di acquisire nuove capacità, di sperimentare con il linguaggio e di provare il piacere di comunicare. Di conseguenza la vita di sezione deve offrire la possibilità di sperimentare varie situazioni comunicative in cui ogni bambino diventa capace di usare la lingua nei diversi aspetti, acquisisce fiducia nelle sue capacità espressive, comunica, descrive e racconta.
In base a queste considerazioni si deduce che, come detto in precedenza, la figura dell’insegnante della scuola dell’infanzia può ricoprire un ruolo importante nella stimolazione dell’uso delle abilità linguistiche, e può essere importante da coinvolgere in un percorso di trattamento logopedico. Insegnanti e logopedista possono cooperare, creando un lavoro di rete, per la promozione dello sviluppo del linguaggio del bambino.
La scuola dell’infanzia ha l’obiettivo di potenziare tutti i precursori per i futuri apprendimenti scolastici. Per fare ciò è necessario che il bambino riesca a integrarsi bene nella sezione e che quindi abbia abilità linguistiche recettive ed espressive a un livello tale da partecipare alle attività. I bambini con un disturbo di linguaggio potrebbero avere difficoltà nella partecipazione delle attività e nel relazionarsi con gli altri in quanto mancano le abilità linguistiche adeguate sia in comprensione che in produzione.
Quando in classe ci sono bambini con difficoltà linguistiche, il compito dell’insegnante diventa più complesso in quanto il suo linguaggio deve essere accessibile a tutti i bambini e stimolare le abilità linguistiche di ogni bambino in modo adeguato rispetto al livello di sviluppo del linguaggio di quest’ultimo.
Vediamo quindi quali sono le strategie comunicative-linguistiche che l’insegnante può utilizzare nell’interazione con i bambini adeguandosi alle esigenze sia di bambini con difficoltà di linguaggio sia di bambini con uno sviluppo linguistico normotipico.
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Le caratteristiche dell’eloquio
E’ consigliato utilizzare un eloquio lento con una pausa di circa cinque secondi tra un enunciato e l’altro, per dare il tempo ai bambini di elaborare quanto ascoltato, in particolare ai bambini con disturbo di linguaggio che necessitano di maggior tempo per la comprensione delle frasi, e per permettere loro di prendere il turno di conversazione.
Il vocabolario utilizzato da parte dell’insegnate deve essere conosciuto e alla portata del bambino, così come le strutture sintattiche devono essere quelle che il bambino sa comprendere e utilizzare. Per questo motivo, all’interno del gruppo classe, al momento di dare istruzioni o descrivere situazioni, l’insegnante può dare prima un input linguistico tipico, ossia tramite frasi complesse, per tutti i bambini con sviluppo del linguaggio in norma, e poi ripetere l’istruzione o la descrizione tramite un input linguistico semplificato sia a livello di lessico che a livello di sintassi per i bambini con disturbo di linguaggio, i quali hanno difficoltà di comprensione delle strutture sintattiche e un vocabolario ristretto.
Il potere dell’intonazione e della ripetizione
E’ utile enfatizzare nella frase, con il tono di voce e una pausa, la parola che si vuole insegnare al bambino al fine di ampliare il suo vocabolario. Una volta enfatizzata, è necessario spiegare il significato associandola a un immagine o a un mimo, dando una definizione con parole semplici e associandola a un evento di vita quotidiana vissuta dal bambino. Infine è utile ripetere la parola target più volte in piccoli enunciati (circa 4 enunciati) che si susseguono.
Fare domande e avviare le conversazioni
Fare domande è un modo importante per iniziare le conversazioni, in quanto i bambini, nel rispondere, si esercitano nell’utilizzare il linguaggio sia a livello di vocabolario che a livello di grammatica. Però i bambini con fragilità di linguaggio potrebbe avere difficoltà nel rispondere alle domande perché non riescono a comprendere ciò che gli viene chiesto, perché non hanno nel loro vocabolario le parole adeguate per rispondere, perché hanno difficoltà nella formulazione delle frasi.
Di conseguenza l’insegnante dovrebbe porre ai bambini domande di difficoltà differente in base al livello di sviluppo di linguaggio.
Con i bambini che hanno difficoltà di linguaggio, è consigliato ridurre l’uso delle domande a risposta chiusa si/no perché non permettono al bambino di usare le parole che conosce e apprendere parole nuove. Si favorisce l’utilizzo di domande a scelta ossia domande in cui si trova già la possibile risposta (es. “Vuoi la mela o la banana?”), che permettono al bambino di usare le parole che fanno già parte del suo vocabolario e apprendere parola nuove o di cui è poco sicuro. In seguito si può passare alle domande semplici ossia domande che iniziano con “che cosa” “chi” “dove”, utili perché invitano il bambino a conversare e quest’ultimo per rispondere potrebbe utilizzare anche solo una domanda (es. insegnante: “Chi ti viene a prendere oggi?”, bambino: “La mamma”).
Invece con i bambini con uno sviluppo del linguaggio normotipico si posso usare domande che iniziano con “perché” “come” “quando” che richiedono abilità linguistiche e cognitive che permettono al bambino di fare previsioni su eventi futuri, di comprendere i concetti di tempo e i nessi causa effetto, e di parlare di emozioni. A questa tipologia di domande non è possibile rispondere con una sola parola.
Come detto in precedenza, porre una domanda può essere utile per iniziare la conversazione, ma le domande devono essere alternate a commenti descrittivi. Molte domande poste una dopo l’altra non coinvolgono i bambini con difficoltà di linguaggio nella conversazione, e portano i bambini con uno sviluppo del linguaggio adeguato a dare risposte molto brevi e non utilizzare a pieno le proprie capacità comunicative-linguistiche. Alternando le domande ai commenti descrittivi, i bambini rimangono più a lungo nella conversazione dando loro la possibilità di fare pratica con il linguaggio, imparare nuove parole e nuove regole grammaticali.
Nel caso in cui il bambino non rispondesse, perché troppo coinvolto da ciò che sta facendo, perché non riesce a comprendere la domanda, perché ritiene che ciò che gli è stato chiesto sia una domanda retorica, la cosa migliore da fare è ripetere la domanda solo una volta e aspettare la risposta e ,se il bambino non risponde, l’adulto dà la risposta prevista o chiede a un altro bambino di rispondere.
In conclusione, l’utilizzo delle strategie appena spiegate permette all’insegnante di rapportarsi con ogni bambino, favorendo la sua comprensione linguistica, stimolando lo sviluppo del suo linguaggio e dandogli la possibilità di fare pratica con le sue abilità linguistiche, sempre rispettando il livello di sviluppo delle capacità di ogni bambino.
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