Comunicare la diagnosi di DSA a Sofia
Sofia è in terza elementare, è una bimba solare e allegra. Arriva portata dai genitori per difficoltà inerenti allo studio ed al rendimento. Sofia durante il percorso di valutazione non fa molte domande sul perché sta affrontando questo strano percorso poco convenzionale rispetto alla sua routine quotidiana ma sembra serena, quasi contenta. Sofia ha una Disturbo Misto degli Apprendimenti, in poche parole le ha tutte: è dislessica, disortografica e discalculica.
In questo articolo ho voluto riportarvi una piccola parte dello straordinario colloquio dove le ho comunicato la diagnosi.
Terapeuta: “Ciao Sofia, oggi ti ho voluto incontrare per condividere con te i risultati di questo lungo percorso insieme. Prima di tutto: come è stato?”
Sofia: “è stato bello, alcuni dei giochi sono stati proprio divertenti. In alcuni però mi sono accorta che ero una vera schiappa. Mi hai detto che era normale e quindi va bene così”.
Terapeuta: “hai ragione, ti avevo avvisata che alcuni giochi sarebbero stati difficili. Ti capita spesso di sentirti una schiappa quando sei a scuola?”.
S: “Beh sì, sempre. Sai a scuola ci sono diversi gruppetti di bambine. Alcune sono proprio brave e prendono sempre dieci. Io però faccio parte del gruppo di compagne che sbaglia sempre e non prendo mai voti alti”
T: “questa cosa come te la sei spiegata, Sofia? Ti è capitato di sentirti stupida?”
S: “mmmmh…so di non essere stupida…mamma e papà me lo ripetono spesso. Però a volte sì, mi sento un po’ stupida. Sai, mi piacerebbe prendere dei bei voti e far felici tutti. Invece mi impegno ma non succede nulla”
T: “Capisco. Spesso capita di sentirsi così alla tua età, specialmente se a scuola non si va benissimo. Oggi ci tenevo che sentissi dalla mia bocca che non sei assolutamente stupida. A volte a mamma e papà non si crede del tutto perché sappiamo che ci vogliono bene incondizionatamente e le cose che ci dicono non sempre sembrano vere. La verità però è che hanno ragione, non sei affatto stupida, anzi. Sei intelligente. Lo dico perché ti ho conosciuta e perché i giochi che abbiamo fatto assieme me lo dimostrano. Sei stata brava e ti sei impegnata”
S: “va bene (sorriso da orecchio a orecchio). Però io non sono brava a leggere e faccio molti errori quando scrivo il dettato. In matematica poi sono lenta e non riesco mai a finire la verifica”
T: “sono contenta che te ne sia accorta. Sei una bimba molto sveglia ed in effetti hai ragione. Quello che è uscito dai giochi che abbiamo fatto è proprio questo: sei perfettamente intelligente ma fai fatica in due o tre cose che ti rendono la vita scolastica più faticosa. Tutti si è bravi in qualcosa e meno in altre cose. Io per esempio, come te, ero una schiappa nel leggere. Tu sei un pochino più lenta dei tuoi compagni e capita spesso che fai errori di ortografia, troppo spesso a dir la verità. Ma adesso sappiamo che la tua è una difficoltà specifica, che colpisce solo alcune delle tue abilità. Ti è abbastanza chiaro Sofi?”
S: “sì sì certo”
T: “ti fa strano sentire queste cose?”
S: “no assolutamente, alla fine sapevo già quello che mi hai detto…voglio dire…per me non è nulla di nuovo”
T: “fantastico! Adesso ti spiego cosa possiamo fare per aiutart, io ed i tuoi genitori vorremmo che finalmente tu riesca ad andare meglio a scuola e che i tuoi voti siano paragonabili a quanto studi. Sei d’accordo?”
S: “Sììì, sarebbe stupendo. Ma posso tornare qui ogni tanto??”
Questo colloquio con Sofia, dove ovviamente non mi è stato possibile far trasparire i suoi sorrisi, la sua felicità e la sua serenità, spero serva a voi lettori per comprendere (e a me non scordare) che non sempre la comunicazione di questo tipo di diagnosi è infelice o viene vissuta male dai bambini.
Come nel caso di Sofia, molti di loro già lo sanno perché sono consapevoli del divario tra loro ed i compagni. Questo aspetto, molte volte, lascia a bocca aperta mamma e papà. Quello che però i bambini non sanno, e che vale la pena ricordargli ogni giorno, è che non sono stupidi. Riuscire a far passare questo messaggio è importante per limitare gli effetti a cascata di mancanza di autostima e fiducia in sé stessi. Molte volte non è la diagnosi di DSA a favorire l’abbandono scolastico ma proprio lo scarso senso di efficacia che hanno imparato ad avere questi ragazzi dopo numeri anni di frustrazioni ed incomprensioni.
Un grazie speciale a Sofia, buona vita piccolina.
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