A Caccia di Emozioni! Come aiutare i bambini a riconoscerle
Da alcuni anni, tra insegnanti e genitori, si sono sempre più sviluppati una particolare sensibilità e un forte interesse per l’educazione alle emozioni dei bambini. Secondo diversi studi che hanno analizzato le espressioni del volto dei neonati, le emozioni sono presenti fin dalla nascita, e nei bambini non c’è esperienza o evento che non sia accompagnato da uno stato emotivo.
Ulteriori studi dimostrano che i bambini “emotivamente allenati” ottengono migliori risultati a scuola, hanno una salute più robusta, stabiliscono relazioni più positive con i coetanei, presentano minori problemi di comportamento e riescono a riprendersi più rapidamente dopo esperienze negative. L’intelligenza emotiva, quindi, permette di essere più preparati ad affrontare le sfide della vita.
Ma che cosa sono le emozioni?
Che cosa accade al nostro corpo quando le proviamo? Generalmente, si suddividono le emozioni positive da quelle negative, ma, in realtà, non esiste una reale differenziazione di questo tipo poiché tutte le emozioni sono indispensabili per la sopravvivenza. Le emozioni guidano la nostra percezione del mondo, colorano i nostri ricordi, strutturano le nostre relazioni interpersonali e creano la nostra identità. Sono considerate emozioni principali: la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura e il disgusto.
La gioia è definita come una condizione di benessere e di appagamento nei confronti della vita. E’ l’emozione che ci permette di affrontare le giornate con entusiasmo e, solitamente si esprime con sorrisi e attività motoria e provoca accelerazione del battito cardiaco e aumento del tono muscolare. Questa emozione dev’essere sempre vissuta pienamente e condivisa con gli altri.
La tristezza è un’emozione associata a vissuti di perdita, abbandono ed esclusione. E’ spesso caratterizzata dal pianto e da una mimica facciale ripiegata verso il basso e provoca diminuzione del ritmo cardiaco e del tono muscolare. Questa emozione non deve essere negata e scacciata, ma liberata per potersi sentire meglio.
La rabbia è uno stato emotivo che produce dentro di noi la forza e l’energia per ottenere l’appagamento di un bisogno o il cambiamento di una situazione. Si genera di fronte ad ostacoli e frustrazioni ed è spesso associata a grida ed aggressioni, causando aumento della frequenza cardiaca e della tensione muscolare. Questa emozione non deve essere utilizzata in modo distruttivo, ma canalizzata come preziosa risorsa per reagire.
La paura può essere definita come il timore per una minaccia alla propria integrità fisica e psicologica: è l’emozione che ci mette in allerta e ci permette di evitare i pericoli. Essa si manifesta sia con la tendenza a voler fuggire che con la completa immobilità e provoca sudorazione, tremore, tensione muscolare e battito cardiaco accelerato. Questa emozione non ci deve paralizzare di fronte ad una difficoltà, ma ci deve permettere di trovare le strategie per affrontarla.
Il disgusto è quell’emozione che ci permette di evitare ciò che non rispecchia le nostre preferenze per far spazio a ciò che desideriamo davvero. E’ caratterizzata da una risposta repulsiva all’oggetto o all’evento con una tendenza ad allontanarsi da esso ed una sensazione di nausea.
Ma cosa possiamo fare per aiutare i nostri bambini all’interno di questo complesso mondo emotivo?
Tutti i genitori possono imparare a riconoscere le emozioni dei propri figli, seguendo piccole ma importanti strategie.
Quando i bambini raccontano, nei loro gesti e nelle loro parole ci sono anche paure, preoccupazioni, gioia, entusiasmo, rabbia, che meritano l’ascolto dell’adulto.
Spesso, i bambini hanno difficoltà a descrivere e a denominare l’emozione che stanno provando, per questo occorre l’aiuto dell’adulto per identificarla e per far si che il bambino possa imparare a distinguerla e ad esprimerla. I bambini, infatti, tendono a collegare le emozioni ad eventi concreti: la gioia può essere ricondotta alle coccole dei genitori, la rabbia ai dispetti dei fratelli, la tristezza ad un rimprovero, la paura al buio o al temporale.
Solo successivamente, riusciranno a parlare di emozioni in termini astratti. Numerosi studi hanno dimostrato che dare un nome alle emozioni ha un effetto rasserenante sul sistema nervoso e aiuta i bambini a uscire più in fetta dalle situazioni di turbamento. I genitori o chi si occupa da vicino dei piccoli diventano, così, una sorta di “contenitore” per le emozioni del bambino e possono aiutarlo a viverle meglio.
Per aiutare i bambini riconoscere ed affrontare le emozioni si possono utilizzare numerosi strumenti:
- Creare un clima di amore, sicurezza e comprensione per affrontare con il sorriso e il dialogo le situazioni emotive.
- Sviluppare empatia, cioè cercare di mettersi nei panni del bambino ascoltando ed accettando tutte le sue emozioni.
- Dare un nome alle emozioni ed incoraggiare il bambino a trovare insieme una soluzione, fornendo esempi concreti.
- Giocare insieme per imparare ad esprimere sé stessi e a comprendere gli altri e per mettere in scena le emozioni.
- Leggere storie che raccontano in modo creativo di situazioni e personaggi con emozioni e caratteristiche differenti (nelle librerie e nelle biblioteche si possono trovare numerosissime proposte!).
- Disegnare con diverse tecniche pittoriche le emozioni provate, magari con un sottofondo musicale che le richiama (es: musica allegra, triste, forte). Assegnare un colore, una forma, un suono.
- Osservare volti e figure che esprimono le principali emozioni ed imitarne la mimica facciale (es: fotografie, ritagli di giornale, specchio).
Spesso, ai bambini si dice di allontanare i pensieri negativi, di non piangere, di non esprimere le emozioni considerate ‘negative’. Ma questo meccanismo di negazione dei sentimenti sinceri nei confronti di una situazione non è utile. Le emozioni sono esperienze importanti, da conoscere piuttosto che evitare o sopprimere, poiché danno significato e valore alla vita e costituiscono una competenza sociale irrinunciabile.
E’ quindi indicato insegnare ai bambini ad ascoltarsi, a parlare di sé, a vivere le proprie emozioni e a riconoscerle negli altri. Solo così, essi potranno vivere in modo spontaneo e libero dalle “trappole emotive”.