Come affrontare la paura del cambiamento in terapia?
Cari amici lettori, negli ultimi articoli che vi ho proposto abbiamo parlato del ruolo dello psicologo nella società attuale e delle differenze che intercorrono tra la professione dello psicologo, dello psicoterapeuta e dello psichiatra.
Leggi anche: la differenza tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra
A questo punto vorrei affrontare con voi un altro tema strettamente connesso a tutto questo, ossia l’avvio di un percorso terapeutico e le emozioni derivanti da questa scelta.
Che sia un percorso di psicoterapia individuale o di gruppo, indirizzato ai bambini, agli adolescenti o agli adulti, in realtà in gran parte dei casi c’è un fattore che accomuna queste diverse forme di terapia, ovvero la paura del cambiamento.
Trattare con il cambiamento non è affatto semplice, cambiare è infatti un processo lungo e faticoso che spesso è accompagnato da svariate paure, perché inevitabilmente significa uscire dalla propria zona di comfort, seppur talvolta disfunzionale, e cambiare abitudini. I processi di cambiamento in psicoterapia infatti implicano l’opportunità di acquisire nuove strategie comportamentali, attribuire nuovi significati alle proprie esperienze e favorire una maggiore presa di coscienza in favore di nuovi schemi di pensiero più funzionali.
In altre parole è necessario che la persona interessata disapprenda vecchie modalità cognitive e comportamentali che non funzionano più, per apprendere nuovi modi di agire o di pensare maggiormente efficaci. Una iniziale “resistenza” a questo tipo di cambiamento può essere naturale; i pazienti potrebbero mostrare una sorta di ambivalenza rispetto a questo loro desiderio di cambiare ed in questo caso spetta al terapeuta accogliere e comprendere questa fatica, accompagnando gradualmente il paziente alla scoperta di nuovi scopi e obiettivi.
Per far questo il primo passo deve essere proprio quello di condividere vissuti e paure, identificandoli e rispettando i tempi necessari ad estirparli, senza ulteriori pressioni.
A volte i pazienti possono essere affaticati da questo processo di cambiamento anche se la richiesta di aiuto è partita spontaneamente, tuttavia potrebbero erroneamente pensare che le loro fragilità o schemi disfunzionali scompaiano quasi miracolosamente in poco tempo, senza un sostanziale cambiamento da parte loro, o sperano che siano gli altri a cambiare.
Purtroppo non è così semplice, ma non spaventatevi, non è un’impresa impossibile!
Vediamo insieme 3 brevi strategie che potrebbero rendere questo cambiamento meno traumatico di quel che sembra.
Stabilire micro-obiettivi concreti
Prefissarsi degli obiettivi chiari e definiti aiuta sicuramente a non disperdere energie e a focalizzarsi su ciò che si vuole raggiungere, meglio ancora se si tratta di un numero non troppo alto di obiettivi. Questo rende più semplice la loro concretizzazione.
Stabilire obiettivi a breve distanza
Oltre a spezzettare gli obiettivi in sotto-obiettivi chiari e semplici, può essere utile porsi dei traguardi a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, per evitare che la motivazione possa diminuire lentamente con il tempo.
Stabilire obiettivi utili per se stessi
E’ importante individuare obiettivi utili a chi se li prefigge e non imposti dall’ambiente esterno o da persone vicine, il rischio è quello di non ottenere l’effetto desiderato proprio perché spinti “estrinsecamente”; del resto ciò che è utile o desiderabile per una persona può non esserlo per un’altra.
Per concludere, avere una visione d’insieme chiara su cosa si vuole raggiungere e su quali potrebbero essere le conseguenze positive, sia in termini emotivi sia comportamentali, può essere il filo conduttore che unisce e direziona il percorso terapeutico e quindi il processo di cambiamento.
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Sitografia
https://www.stateofmind.it/2018/08/resistenza-al-cambiamento-psicoterapia/#:~:text=La%20resistenza%20al%20cambiamento%20%C3%A8,intervento%20e%20altri%20fattori%20contestuali.
https://www.interattivamente.org/la-resistenza-al-cambiamento-in-psicoterapia/
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