Burnout genitoriale: di cosa si tratta e come riconoscerlo
Ci eravamo abituati a sentire parlare di burnout in ambito lavorativo, soprattutto per le professioni di aiuto, riferendosi a quella sindrome che può verificarsi a seguito di stress cronico e persistente e che porta il lavoratore a sentirsi logorato e sopraffatto, con una serie di sintomi psicofisici importanti. In questo particolare periodo storico, tuttavia si è cominciato a parlare sempre più spesso di burnout genitoriale.
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Le lunghe giornate, settimane e mesi trascorsi in casa a causa del Covid-19, a strettissimo contatto tra genitori e figli, hanno prodotto degli effetti che difficilmente avremmo potuto immaginare, prima di questo tempo.
In particolare nella primissima fase pandemica, le famiglie si sono raccolte in un tempo incerto, preoccupato, ma soprattutto sospeso. Molte famiglie si sono trovate riunite nella propria casa, senza lavorare, senza andare a scuola ed hanno creato una nuova modalità di vivere le giornate. Per molti, la sensazione di protezione offerta dal proprio nido ha rappresentato una grande sicurezza e si è fatta promotrice di creatività, unione, ritorno alle radici.
Ma questo tempo sospeso, dopo un paio di mesi, ha lasciato il passo alla ripresa, una ripresa difficoltosa, a singhiozzo, altrettanto carica di preoccupazione, ma senza la possibilità di fermarsi a godere di un tempo lento e unico.
E’ a partire da questa fase che molti genitori hanno cominciato ad avvertire, in modo crescente, un senso sovraccarico emotivo e fisico e la percezione di non avere vie di fuga.
Alcuni tra questi genitori, però, hanno cominciato a sentirsi totalmente sopraffatti e travolti dal proprio ruolo genitoriale, emotivamente distaccati dal proprio figlio, con un profondo senso di incapacità rispetto all’essere genitore e con un desiderio persistente di fuggire dalla situazione e/o da casa.
In questi casi si può ipotizzare una condizione di burnout genitoriale.
In queste situazioni il genitore non è più in grado di sintonizzarsi sui bisogni emotivi e fisici del figlio e si innesca un rischiosa spiale di trascuratezza verso il figlio, associata a violenza verbale, psicologica e/o fisica. Condizione che fa aumentare nel genitore la percezione di inadeguatezza rispetto al proprio ruolo, tuttavia non ha in quel momento le sufficienti risorse per guardare lucidamente ai proprio vissuti e rimodulare i propri comportamenti.
I principali fattori che predispongono al burnout genitoriale sono la difficoltà del genitore nel gestire le emozioni, un ideale di perfezione legato al proprio ruolo di genitore, aspettative elevate rispetto ai propri figli, la mancanza di supporto emotivo e pratico nella vita familiare e una scarsa rete sociale di supporto.
E’ molto importante poter discriminare tra un fisiologico periodo di stress e fatica legati alla genitorialità da una condizione di burnout genitoriale.
La condizione di burnout porta con sé la sensazione persistente e pervasiva di non farcela, di faticare a scorgere una possibilità di risoluzione se non attraverso l’assunzione di alcolici, stupefacenti, shopping compulsivo, mangiare in modo eccessivo o, in casi estremi, la fuga o il suicidio.
Ogni periodo di malessere legato al proprio ruolo genitoriale è meritevole di attenzione, cura ed eventuale diagnosi. Fermarsi e chiedere aiuto ad uno specialista (psicologo o psicoterapeuta) per poter comprendere meglio cosa ci sta accadendo (come persone e come genitori) ci consente di lavorare affinché possa ricrearsi un equilibrio personale e familiare del quale potrà giovare ogni membro della famiglia.
Inoltre, un intervento mirato e tempestivo, rappresenta un fattore protettivo rispetto al perdurare di dinamiche e comportamenti che possono, alla lunga, favorire esiti psicopatologici nei figli.
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