Il bambino disprassico: cos’è la disprassia e come affrontarla
Circa 6 bambini su 100 soffrono di disprassia, un disturbo della coordinazione motoria caratterizzato da difficoltà a programmare ed eseguire azioni intenzionali. Le conseguenze a volte sono lievi (il bambino si limita a sembrare “goffo”), mentre altre volte le difficoltà possono limitare la vita quotidiana. Nonostante sia tutt’altro che rara, la disprassia è un disturbo ancora poco conosciuto: i genitori spesso non hanno informazioni a riguardo, non sanno cosa fare dopo la diagnosi, non ne conoscono le conseguenze e non dispongono di strumenti per aiutare il proprio figlio a scuola e a casa.
Che cosa fare per aiutare un bambino disprassico a casa?
La disprassia è un’alterazione dello sviluppo degli apprendimenti gestuali. I gesti sono un insieme di movimenti, coordinati nel tempo e nello spazio, con lo scopo di realizzare un’azione finalizzata. Si parla di disprassia quando questa serie di movimenti non si verifica in maniera sincronica e/o si verifica in maniera deficitaria e inefficace, in bambini che non presentano deficit mentali e/o turbe psichiche e disturbi neuromotori, neurosensoriali, neuromuscolari. Le cause del disturbo non sono ancora state chiarite.
Si sa che la disprassia non risulta associata a particolari lesioni cerebrali e l’ipotesi è che sia dovuta a un’immaturità di alcuni circuiti nervosi del cervello. Il disturbo sembra molto più frequente nei maschi che nelle femmine: il rapporto è di circa quattro a uno.
Per la diagnosi di disprassia, classificata come disturbo evolutivo della coordinazione motoria (DCD) sono necessari tre criteri:
- presenza di una marcata difficoltà o di un ritardo nello sviluppo della coordinazione motoria
- difficoltà di coordinazione non dovute a condizioni patologiche mediche
- difficoltà che interferiscono con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita quotidiana.
Questo disturbo può manifestarsi tramite un ritardo nel raggiungimento delle tappe di sviluppo motorio (passaggi posturali, gattonamento, deambulazione), goffaggine nei movimenti, scarse capacità sportive o disgrafia. Sono quindi le difficoltà che il bambino incontra nelle attività che richiedono coordinazione motoria, e non il quoziente intellettivo, a permettere di porre tale diagnosi.
La conseguenza è che in un bambino disprassico l’attività motoria, anche se eseguita con rapidità e in modo apparentemente abile, può essere del tutto inefficace e scorretta, nonostante siano integre le funzioni volitive, la forza muscolare, la coordinazione e la disposizione a collaborare.
Difficoltà del bambino disprassico
- fare i lacci alle scarpe e abbottonarsi,
- utilizzare le posate,
- scrivere e disegnare,
- assemblare puzzle e realizzare giochi di costruzione,
- giocare con la palla e fare attività sportive,
- articolare i suoni e costruire frasi.
A volte, possono anche essere presenti:
- iperattività e sonno agitato,
- ipersensibilità al contatto fisico e comportamenti fobici,
- facile affaticamento e distraibilità,
- difficoltà ad orientarsi nel tempo e nello spazio,
- isolamento e difficoltà di relazione con i coetanei.
Notare qualcuno di questi segnali non significa per forza che il bambino sia disprassico. Può darsi semplicemente che la sua linea di sviluppo sia solo un po’ più lenta di quella dei coetanei.
Tuttavia, in caso di dubbio, sempre meglio rivolgersi al pediatra per eventualmente intervenire il prima possibile. Poiché si tratta di un disturbo che interessa più piani della vita e dell’attività del bambino, gli interventi dovrebbero essere multidisciplinari e riferiti alle varie componenti coinvolte (motoria, verbale, emotiva), quindi: psicomotricità, logopedia e supporto psicologico.
L’aspetto davvero importante, però, è che ci sia una forte collaborazione tra terapisti, famiglia e scuola.
Tramite la pratica continuativa, il bambino disprassico può acquisire funzioni e svolgere senza grosse difficoltà le attività della vita quotidiana. In alcuni casi si riesce a risolvere il problema completamente (anche se permangono lentezze esecutive), in altri casi, invece, questo non è possibile, ma si riesce comunque a trovare sistemi per compensare i limiti.
Il bambino disprassico presenta difficoltà soprattutto con l’abbigliamento, l’igiene personale e l’alimentazione. Quali strategie utilizzare, quindi, per facilitare l’acquisizione di queste azioni?
ABBIGLIAMENTO
Un bambino disprassico manifesterà scarsissima voglia di vestirsi e svestirsi e avrà bisogno per molto tempo di essere assistito. Bisognerà, quindi, aiutarlo a:
- orientare correttamente i vestiti davanti e dietro (es: applicare simboli sulla parte davanti)
- rispettare l’ordine e la sequenza per infilarli (es: prima gli slip e poi i pantaloni)
- esercitarsi con l’utilizzo di cerniere, bottoni, stringhe (es: utilizzare elastici e velcro)
- organizzare chiaramente l’armadio e scegliere i vestiti la sera prima.
IGIENE PERSONALE
Il bambino disprassico presenta scarsa autonomia nell’utilizzo corretto dei servizi igienici e nell’igiene personale. Bisognerà, quindi, ricordargli di:
- andare frequentemente ai servizi (sottovaluta lo stimolo urinario e fecale)
- indossare abiti comodi da togliere e svolgere la sequenza corretta di azioni
- utilizzare dei rialzi o dei braccioli per sedersi correttamente
- utilizzare accappatoio e spazzolino elettrico (risultano più semplici).
ALIMENTAZIONE
Il pasto è un momento difficile e faticoso perché il bambino disprassico deve coordinare parecchi gesti e spesso preferisce mangiare con le mani.
Bisognerà, quindi, aiutarlo a:
- mantenere una posizione corretta a tavola, con i piedi appoggiati a terra e la schiena dritta
- utilizzare posate con manico spesso, piatti fondi, bicchieri stabili
- utilizzare tovaglie che non facciano muovere il piatto e grembiuli per evitare di sporcarsi
- esercitarsi a tagliare e inforcare con alimenti morbidi (es: banana, formaggio).
Il risultato terapeutico deve mirare a mettere in evidenza il potenziale del bambino e le sue competenze, e a migliorare, oltre alle sue capacità motorie, la fiducia in sé stesso e la conoscenza e accettazione di sé. Insegnando al bambino le strategie per poter agire, per essere ascoltato e per sperimentare, si ottiene un miglioramento nelle sue difficoltà motorie e comportamentali, aumentando il suo livello di autostima, di adattamento sociale e di disponibilità ad apprendere.
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