Autismo e psicomotricità: cos’è il Disturbo Autistico?
In questo articolo tratteremo un disturbo comunemente trattato in neuro psicomotricità e fonte di preoccupazione da parte di molti genitori: il Disturbo Autistico (DA). Data la grande complessità e importanza di questo tema, qui di seguito sono esposte e approfondite le principali manifestazioni che caratterizzano il disturbo; nel prossimo articolo, invece, approfondiremo e vedremo insieme come si può intervenire nel trattamento neuro psicomotorio e saranno illustrati piccoli consigli e accorgimenti utili per voi genitori.
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Che cos’è il Disturbo Autistico? Quali sono i segnali di allarme rispetto a tale problematica?
Spesso quando si parla di autismo in ambito clinico, non si fa riferimento ad un unico quadro specifico, ma si parla di spettro autistico.
Infatti la parola spettro racchiude e indica diversi sottogruppi, o meglio diverse forme di manifestazione di un disturbo di base. Tali forme sono accomunate da alcune caratteristiche, ma si differenziano per altre. Ad esempio, accanto al Disturbo Autistico, sono presenti anche forme riconducibili allo spettro autistico quali la sindrome di Asperger e la sindrome di Rett.
Nello specifico, il Disturbo autistico (DA), si caratterizza per tre aspetti generalmente compromessi. È importante precisare che queste caratteristiche si modificano in rapporto all’età del bambino ed al livello di sviluppo. Eccole qui elencate e approfondite.
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Compromissione dell’interazione sociale
Quest’aspetto si riconduce ad una difficoltà o atipia dei bimbi con autismo di relazionarsi agli altri. Questa problematica si manifesta già nel primo anno di vita, rivelandosi nella mancanza dell’uso di un canale comunicativo privilegiato in questo periodo: lo sguardo rivolto all’altro. Molti genitori di bimbi con autismo riportano, sin dalle prime fasi di vita del piccolo, la difficoltà a catturare l’attenzione del bambino, la sfuggenza del suo sguardo oppure la presenza di uno sguardo assente.
Oltre al contatto visivo, spesso viene riferita la difficoltà nel tenere in braccio il bambino; questo può avvenire per una scarsa tolleranza del contatto fisico del piccolo o per una sua incapacità ad adattarsi al corpo dell’altro, provocando un’alterazione in quello che si può definire dialogo tonico (adattamento posturale reciproco).
Nel corso del tempo, la difficoltà nel relazionarsi con gli altri accresce e si arricchisce: spesso viene riferito dagli adulti che seguono il bambino nella quotidianità, in primis i genitori, che il piccolo non considera gli altri bambini, tende ad isolarsi, non risponde se chiamato e non condivide i propri giochi con l’altro, né richiede la sua presenza. Si tratta di un rapporto con l’adulto che è limitato spesso ad una funzione richiestiva: richiedo la presenza della mamma perché ho un bisogno che devo soddisfare.
Ad esempio, il bambino giocherà da solo con le macchinine, senza mostrare il desiderio di condividere il proprio gioco con l’adulto; se tuttavia ha sete, si dirigerà verso la mamma (spesso afferrandone la mano e senza guardarla negli occhi), portandola verso l’oggetto desiderato (in questo caso una bottiglia d’acqua) al fine di ottenerlo. Il bambino sa richiedere ma non sa condividere i propri interessi, i propri bisogni, le proprie emozioni.
Compromissione della comunicazione (verbale e non verbale)
La mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste per l’età è spesso ciò che più di ogni altra difficoltà allarma i genitori e spesso dà inizio a quel processo di consapevolezza delle difficoltà del proprio bimbo.
Ovviamente non è detto che se un bambino non parla ha necessariamente un Disturbo Autistico, anzi! Come stiamo vedendo, a caratterizzare il Disturbo Autistico sono molteplici difficoltà; tuttavia l’aspetto linguistico è un’importante segnale da non sottovalutare e degno di essere approfondito.
Nello specifico, per i bimbi con autismo, la mancanza del linguaggio espressivo non è sostituita da altri canali non verbali; in altre parole, il bambino non solo non parla ma non utilizza neanche i gesti, la mimica, lo sguardo in funzione comunicativa.
Frequentemente, inoltre, i genitori riportano che il bambino non risponde se chiamato oppure che non ascolta le richieste dell’adulto. Spesso il mancato interesse per ciò che l’altro richiede o comunica viene scambiato per un deficit uditivo. Necessario a tal proposito è eseguire un approfondimento che attesti che il bambino non ha problemi uditivi. Superata questa fase, è importante specificare che il mancato investimento del piccolo nell’uso del linguaggio o nell’ascolto di richieste è un’altra manifestazione del disinteresse del bambino per l’altra persona o per l’ambiente.
Infatti il linguaggio costituisce una forma di scambio e di interazione con l’altro; se manca l’interesse per relazionarsi a “ciò che è altro da me”, non cerco di apprendere nessuna modalità di interazione per farlo, linguaggio compreso.
Presenza di comportamenti atipici e interessi bizzarri, ripetitivi e stereotipati
Con questa dicitura ci si riferisce a tutti quei movimenti, quei gesti e quelle azioni che vengono ripetute frequentemente dal bambino e che non sono legate al contesto in cui il piccolo si trova.
Nello specifico, il bambino può sviluppare un particolare interesse anomalo perché intenso e spesso focalizzato su un particolare (es. osservare il particolare di un oggetto come la ruota di una macchinina e continuare a farla girare senza uno scopo apparente); o ancora il piccolo potrebbe acquisire rigide abitudini o rituali che, se non rispettati, ne causano una crisi di pianto (es. un’attività quotidiana come quella di vestirsi deve essere svolta sempre nello stesso modo: prima i pantaloni, poi le calze, poi la maglia, poi il maglione,ecc…).
Infine un’altra atipia comportamentale è legata a dei manierismi motori, ripetitivi e stereotipati, che il bambino esegue senza uno scopo (es. dondolarsi, girare su sé stesso, ecc…). Tutti questi comportamenti risultano anomali se intensi, ripetitivi ed eseguiti sempre nello stesso modo.
Abbiamo visto quindi che numerosi sono gli aspetti che caratterizzano un quadro di Disturbo Autistico. È importante ricordare che vi possono essere altre caratteristiche che rendono più complessa questa patologia (es. ritardo mentale o epilessia), ma che non si associano necessariamente al Disturbo Autistico.
Ma come è possibile intervenire? Come si affronta questo tipo di problematica nel trattamento neuro psicomotorio? E la famiglia, in tutto questo, che ruolo può avere?
Nel prossimo articolo approfondiremo tutte queste domande!
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