Autismo e psicomotricità: come si può intervenire?
Il Disturbo Autistico (DA), come illustrato nel precedente articolo, costituisce una patologia complessa, che altera principalmente l’area relazionale, comunicativa e comportamentale; a tali sintomi possono esserne correlati altri (es. epilessia o ritardo mentale), che tuttavia non necessariamente si associano al disturbo autistico. Come possiamo dire dell’intervento? Come si uniscono autismo e psicomotricità?
Se nel precedente articolo abbiamo approfondito le principali caratteristiche di questo disturbo e, quindi, quali possono essere i segnali di allarme relativi a questa patologia, in questo articolo illustreremo come si può intervenire in ambito neuro psicomotorio e quali possono essere piccoli accorgimenti che anche voi genitori potrete adottare nei contesti quotidiani.
Il trattamento neuro psicomotorio, essendo un tipo di intervento riabilitativo, mira a riabilitare delle funzioni o ad abilitare (sollecitare la comparsa) di alcune competenze non ancora presenti nel bambino.
Nonostante il tipo di intervento debba essere il più possibile specifico per il bambino preso in carico e basato sul suo profilo funzionale, vi sono degli obiettivi generali che possono essere individuati sulla base delle caratteristiche che definiscono il disturbo. È importante precisare che ci sono diversi approcci con cui è possibile unire autismo e psicomotricità; qui di seguito, saranno illustrate delle possibili modalità di lavoro utilizzate soprattutto in un approccio di tipo relazionale, che parta cioè dalla relazione terapista-bambino e dagli interessi specifici del piccolo (contesto non direttivo) per poi raggiungere gli obiettivi prefissati grazie all’intervento del terapista.
Ecco di seguito alcuni obiettivi generali quando si parla di autismo e psicomotricità
Presa di coscienza del Sé e dell’altro
All’interno del contesto psicomotorio, è possibile sollecitare quella che è la presa di coscienza di Sé (io sono entità definita che differisce dall’ambiente che mi circonda) e dell’altro. Ciò è importante perché costituisce il prerequisito necessario al fine di poter creare un’interazione, relazionarmi all’altro in modo intenzionale.
La presa di coscienza di Sè deve avvenire anzitutto su un piano senso-motorio: attraverso la reazioni a stimoli sensori-motori, posso percepire me stesso come soggetto che recepisce delle informazioni e agisce in risposta all’ambiente e all’altro.
La presa di coscienza dell’altro, invece, è fondamentale per sollecitare una competenza fondamentale nell’interazione: l’intenzionalità comunicativa, ovvero voler comunicare un messaggio all’altro. Compito del terapista, a questo proposito, è quello di costruire delle prime esperienze interattive che possano essere significative per il bambino; in altre parole, proporre dei piccoli giochi che prevedano l’interazione con il terapista e che possano essere interessanti per il bambino, così da essere da lui ricercati e ripetuti.
Ad esempio, se un bambino ama giocare con i teli, il terapista può sollecitare la curiosità ed inserirsi nel gioco del bambino, utilizzando il telo come coperta e osservare se il bambino ricerca l’oggetto; laddove il piccolo reagisca “scoprendo” il terapista, è possibile rispondere con una reazione (es, fingere di svegliarsi in modo espressivo) ed osservare se il bambino è divertito e gratificato da quel tipo di reazione e, quindi, propenso a ripetere questo tipo di esperienza condivisa.
In questo esempio l’azione di “scoprire la terapista” acquisisce un nuovo significato: se la prima volta è stata compiuta dal bambino in modo casuale, le volte successive verrà eseguita con l’intenzione di sollecitare una reazione nella terapista e, quindi, con la consapevolezza della sua presenza all’interno del gioco.
Questa breve sequenza potrà essere arricchita ed ampliata al fine di creare un piccolo gioco che preveda più scambi terapista-bambino, aumentando i tempi di gioco condiviso.
Presa di coscienza di regole che definiscono i rapporti interpersonali.
Per i bimbi affetti da autismo, spesso le regole che ci dicono come relazionarci con gli altri risultano poco significative e di difficile acquisizione. Per questo è importante che il contesto neuropsicomotorio costituisca una “palestra” in cui poter apprendere e sperimentare quali sono i comportamenti funzionali all’interno di una relazione e quelli che, al contrario, non devono essere utilizzati. Compito del terapista sarà quello di rinforzare le reazioni funzionali (adatte al contesto) e di estinguere quelle disfunzionali.
Per esempio, nella sequenza di gioco precedentemente illustrata, laddove il bambino cerchi di svegliare la terapista urlando (comportamento disfunzionale), la terapista non dovrà riportare alcun tipo di reazione ed aspettare che il bambino tenti un altro tipo di comportamento; la reazione di “svegliarsi” dovrà sopraggiungere laddove, ad esempio, il bambino tolga il telo (azione funzionale).
Accettare e adottare strategie funzionali per fronteggiare le novità
Un altro aspetto spesso critico per i piccoli con disturbo autistico è quello di accettare ed adattarsi a delle “novità” che sopraggiungono nei contesti conosciuti; può bastare anche un cambiamento nella disposizione degli oggetti presenti in stanza a suscitare una crisi di pianto o di rabbia nel bambino.
Nella terapia neuro psicomotoria, attraverso il gioco, si aiuta il bambino ad aumentare la tolleranza a fronte di piccoli cambiamenti o variazioni, che la terapista costruisce ed inserisce nel contesto ludico, al fine di suscitare nel bambino nuovi comportamenti adattivi e arricchire il repertorio di azioni di gioco.
Ad esempio, se un bambino ama giocare con le macchinine, limitandosi però a spostarle una alla volta lungo una superficie, il terapista può intervenire “colpendo” con la propria macchinina quella del bambino, simulando un “incidente” ed osservando la reazione del piccolo; se il bambino non riporta una reazione critica ma, al contempo, non individua spontaneamente alcuna modalità di risoluzione del problema emerso, è possibile mostrargli dei comportamenti alternativi, come l’arrivo del camion dei pompieri che aggiusti le macchinine.
In questo modo abbiamo “spezzato” una dinamica ripetitiva e chiusa di gioco ed abbiamo inserito nuove azioni che creano un sequenza ludica dotata di senso; inoltre abbiamo mostrato una soluzione ad un nuovo “problema” emerso nel gioco.
Pianificazione dei propri comportamenti a breve, medio e lungo termine
Per i bambini affetti da autismo, spesso risulta difficile collocare gli avvenimenti all’interno di una sequenza temporale, in parte perché spesso non “ascoltano” ciò che gli viene detto, in parte per una difficoltà a rappresentarsi mentalmente ed organizzare la propria routine. Spesso, al fine di pianificare ciò che “sta per accadere”, si ricorre all’uso di immagini, che illustrino in modo efficace e chiaro le attività che il bambino dovrà svolgere.
Cosa fare a casa?
A casa, invece, che cosa si può fare? Ecco tre piccole indicazioni che voi genitori potete seguire.
Creare un alleanza terapista-scuola-famiglia
È fondamentale che vi sia un’alleanza terapista- famiglia – scuola, affinché tutte le persone presenti nei principali contesti di vita del bambino “lavorino” nella stessa direzione, confrontandosi ed individuando le strategie più efficaci per comunicare e relazionarsi col piccolo, al fine di potenziarne le abilità in queste due aree. Pertanto, il primo suggerimento è quello di creare un dialogo con le figure che seguono il bambino, al fine di individuare delle strategie comuni da utilizzare con lui.
Giocare e sperimentare delle attività condivise con il vostro bambino
È quindi importante, partendo dagli interessi del bambino, individuare delle modalità per interagire con lui anche nel gioco, al fine di far sperimentare il piacere del giocare insieme e condividere un’attività: se ad esempio al piccolo piace disegnare, è possibile provare a colorare insieme su un foglio, sperimentando liberamente varie modalità di tratto grafico (punteggiare, fare scarabocchi circolari, ecc…) ed eseguire ciò insieme, osservando le reazioni del vostro bambino. In questo modo è possibile sollecitare abilità quali l’imitazione, la turnazione (prima colora papà, poi tu) e la tolleranza di brevi tempi di attesa. Questo, inoltre, aiuterà il bambino a percepire e ad adattarsi alla presenza dell’altro in una sua attività.
Comunicare in modo adeguato
È importante che, con l’aiuto delle altre figure che seguono il piccolo, si stabilisca una modalità funzionale di comunicazione, che può avvenire attraverso immagini o l’uso del linguaggio laddove il bambino l’abbia acquisito. Se infatti si individua un canale comunicativo di facile apprendimento ed utilizzo per il bambino, si va a potenziare l’interazione con le altre persone e si ridurrà la frustrazione del piccolo.
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Approfondisci nel blog: “Autismo e psicomotricità: cos’è il Disturbo Autistico?”
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