Disturbi della regolazione: cosa sono? Come trattarli?
Che cosa sono i disturbi della regolazione?
I disturbi della regolazione sono generalmente caratterizzati da una serie di comportamenti anomali che il bambino mette in atto per reagire agli stimoli ambientali; ne sono un esempio un’eccessiva irritabilità, una bassa tolleranza alla frustrazione, ipo/iper reattività.
Ogni bambino ha certamente un temperamento diverso, che rende unico il modo di reagire davanti ad una situazione; tuttavia ciò che diversifica un comportamento tipico da uno atipico è la qualità e l’intensità che caratterizza la modalità reattiva del bambino, e che diventa patologica nel momento in cui incide in modo significativo sul funzionamento adattivo generale. Ad esempio può capitare che un bimbo molto piccolo, nelle varie situazioni quotidiane (cambio del pannolino, momento della pappa, ecc..) ogni tanto pianga; se tuttavia questo pianto si verifica costantemente, sempre nelle stesse situazioni, e risulta inconsolabile, questo può essere indice di eccessiva irritabilità.
La definizione di disturbo della regolazione, nello specifico, pone in evidenza la difficoltà del bambino nella regolazione di emozioni, comportamenti ed abilità motorie a fronte di uno stimolo sensoriale. Lo stimolo sensoriale in questione può essere di diversa natura: tattile, visivo, olfattivo, gustativo, uditivo, relativo alla consapevolezza della posizione del corpo nello spazio e alla sensazione generata dal movimento corporeo.
I disturbi della regolazione possono presentarsi in modo isolato, o in comorbidità con altre patologie (es. disturbo dello spettro autistico); in altre parole, le caratteristiche delle difficoltà nella regolazione, possono essere riscontrate anche in bambini affetti da altri disturbi.
Come intervenire nei disturbi della regolazione
Come è possibile intervenire? Come si affronta questo tipo di problematica nel trattamento neuro psicomotorio?
Al fine di garantire un intervento mirato, è necessario considerare la capacità di regolazione del bambino come una dimensione, vale a dire una caratteristica specifica del bambino (la sua modalità di reazione agli stimoli), che deve essere analizzata ed osservata al fine di poter costruire un progetto riabilitativo il più possibile personalizzato.
Data questa premessa, il trattamento deve anzitutto porsi come condizione la presenza di una relazione positiva tra bambino e terapista, in cui il bambino deve essere considerato una persona attiva e, come tale, soggetto che può indurre una reazione nell’adulto, stabilendo un primo contatto con l’altro.
All’interno della relazione creata, il terapista deve costruire, partendo dalle azioni spontanee del bambino, dei momenti di attenzione condivisa e scambio che risultino piacevoli per il piccolo. Il bambino, nello specifico, deve poter sperimentare una propria efficacia all’interno dell’interazione con l’altro, riscoprendo così un significato nei propri comportamenti.
Ad esempio, per un bimbo con eccessiva irritabilità a fronte di stimoli, è possibile individuare un oggetto o una particolare postura che il piccolo trovi piacevole e strutturare un gioco condiviso sfruttando queste condizioni.
Attraverso la mediazione del terapista, si potrà successivamente potenziare queste capacità emergenti, passando da modalità esplorative disorganizzate ad una maggiore regolazione nell’espressione delle emozioni o azioni in funzione di uno scopo.
Ad esempio per un bimbo che ama particolarmente giocare e lanciare una palla, è possibile introdurre dei tempi di attesa dati dall’alternanza dei turni (un lancio il bimbo, uno la terapista), al fine di favorire una maggiore strutturazione e tolleranza emotiva all’interno del gioco.
Tutto questo avviene all’interno del contesto ludico, cioè contesto piacevole e protetto.
L’obiettivo generale di questo percorso, per bambini con queste difficoltà, è il passaggio da una regolazione emotiva e comportamentale esterna (guidata dal terapista) ad un’autoregolazione, cioè la capacità di gestire e ponderare in autonomia le reazioni agli stimoli, individuando comportamenti funzionali.
Il ruolo della famiglia nei disturbi della regolazione
E la famiglia, in tutto questo, che ruolo ricopre?
È assolutamente importante coinvolgere la famiglia in quello che è il progetto terapeutico in atto, così da favorire un lavoro a più livelli per facilitare il piccolo in tutti i contesti di vita.
Fondamentale è anzitutto la condivisione con la famiglia delle osservazioni fatte rispetto al bambino, in modo da porre in evidenza le aree di debolezza e di forza riscontrate.
Per ogni bambino, infatti, esistono sempre, oltre alle difficoltà che spesso appaiono come più evidenti, anche dei punti di forza da cui si può partire per strutturare un intervento riabilitativo.
In secondo luogo, seppur il contesto famigliare non deve diventare contesto terapeutico, è possibile e necessario condividere con i genitori delle strategie educative e relazionali che possono essere messe in atto, per rendere più consapevoli e partecipi i famigliari del percorso intrapreso con il bambino, creando così un’alleanza terapista-genitore fondamentale per il buon esito dell’intervento psicomotorio.
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